.
Aveva un problema, ce l’ha tuttora. Su Science si sfoga di nuovo con l’aiuto del collega John Fasullo. Riassumiamo con parole nostre:
D’accordo, parte del calore sarà servito a sciogliere un po’ i ghiacci artici, antartici e groenlandesi come risulta dai dati dei satelliti gemelli Grace. Però se le leggi della fisica sono quelle che sono, il calore restante dev’essere finito negli oceani. Purtroppo le boe Argo disseminate sui flutti dieci anni fa sono poche, arrivano sì e no a 2.000 metri di profondità e si svegliano ogni 10 giorni. Con quelle serie miserelle, non si riesce a calcolare lo squilibrio del bilancio energetico planetario, a tener conto del Nino secco e della Nina piovosa, a migliorare i modelli di previsione regionali, a sapere se questo inverno rigido dell’emisfero nord è un fenomeno meteo normale o c’entra un cambiamento degli inquinanti, delle nuvole, di chissà che… Non siamo mica indovini!
.
Brontolo ha ragione. Per favore, qualcuno gli dia strumenti di lavoro decenti per distinguere la variabilità naturale e locale da quella mondiale indotta dai nostri gas-serra, o non la smette più.