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Vedere nella nebbia

FUTURO – Vedere attraverso la nebbia, tutto analizzando semplicemente la luce naturale. Questo è quello che una ricerca pubblicata su Nature Photonics promette. Ori Katz e colleghi del Weizman Instutute in Israele hanno messo a punto una tecnica che permette di ricostruire l’immagine di un oggetto anche se questo si trova oltre a un mezzo torbido, come la nebbia per esempio, o un vetro smerigliato. Anche se l’argomento è stato studiato a lungo, spiegano gli autori, finora gli scienziati ritenevano  questo risultato molto difficile da raggiungere.

La novità del lavoro di Katz e colleghi sta soprattuto nel fatto che la metodologia non richiede l’utilizzo di sorgenti di luce speciale, come i laser per esempio, ma utilizza la luce naturale diffusa attraverso il mezzo. La luce riflessa da un oggetto, quando passa attraverso altri corpi e strati di materia (anche semplicemente l’atmosfera) viene diffusa (in inglese “scattered”) in diverse direzioni facendo arrivare ai nostri occhi un’immagine più o meno confusa. Il livello di degrado dell’immagine dipende dall’opacità del mezzo: il vetro è molto trasparente, il corpo umano molto meno, anche se in realtà riesce a far passare un po’ di luce (avete mai notato come diventa rosso il vostro dito quando schiacciate il bottone luminoso di un ascensore?)

La metolologia di Katz e colleghi fa passare la luce in uscita dal mezzo diffondente attraverso due dispositivi (uno “spatial light modulator” e un filtro passa banda) la cui azione combinata ricostruisce l’immagine originale (per ora con una certa approssimazione, ma comunque riconoscibile).

Con questo sistema gli scienziati sono anche risuciti a ricostruire l’immagine di un oggetto nascosto dietro a un angolo. “Pensate di essere a Milano, con un bel ‘nebiùn’,” ha commentato Ezio Puppin, presidente Consorzio Interuniversitario di Scienze della Materia (CNISM), che non ha partecipato allo studio. “Siete in un vicolo buio ma riuscite comunque a vedere dietro l’angolo perché c’è una sorgente di luce. Quello che il nostro occhio vede è luce diffusa, nella quale non si riconosce niente. La tecnica di Katz in pratica riesce a trasformare questa luce diffusa nell’immagine di quello che c’è dietro l’angolo.”

“Riuscire a ricostruire l’immagine corretta partendo da quella confusa è un problema applicativo importante, ” continua Puppin. E infatti una metodologia come questa potrebbe aveere interessanti applicazioni in campo della visualizzazione medica per esempio, e naturalmente per i sistemi di guida in condizioni di scarsa visibilità. (Approposito ve li ricordate gli annunci sulle ultime pagine dei fumetti di qualche decennio fa, quelle con gli occhiali per vedere attraverso i vestiti?)

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