Vale la pena guardare in dettaglio la distribuzione di genere per fascia di rango accademico, perché è qui che si annida la vera sorpresa: tra i membri di facoltà colpevoli di frode, plagio o altre disonestà, ben l’88% è maschio, contro il 69% dei postdoc e il 58% degli studenti. In ogni fascia, sottolineano gli autori su mBio, la proporzione di maschi “fraudolenti” è superiore a quella che ci si potrebbe aspettare tenendo conto della diversa distribuzione dei generi (si sa che le donne nelle stanze dei bottoni sono sempre meno degli uomini). Dei 72 “anziani” segnalati dall’ORI per misconduct, solo 9 erano donne: un terzo in meno di quanto previsto sulla base dei numeri di facoltà.
Naturalmente non si può escludere che le donne frodino tanto quanto i colleghi maschi, ma siano più abili a non farsi scoprire. Secondo Fang e collaboratori, però, in gioco potrebbero esserci altri fattori. Per esempio: natura o cultura che sia, le statistiche dicono che gli uomini sono in generale più inclini a comportamenti rischiosi o criminali. Anche lo stesso tetto di cristallo che ostacola le donne potrebbe essere coinvolto, come spiega Ashutosh Jogalekar nel suo blog su Scientific American: «Le spinte repulsive che, da una gerarchia dominata da uomini, tengono lontane le donne dagli avanzamenti di carriera potrebbero anche renderle più sensibili alle critiche. Più consapevoli dei rischi di un’eventuale condanna».
Ancora più che sul bias di genere, però, è su un altro aspetto che lo studio invita a riflettere: la fortissima pressione alla pubblicazione a cui sono sottoposti i ricercatori, il clima esasperato da publish or perish che, in epoca di tagli ai fondi, si fa sempre più duro.
Immagine: © 2013 Fang et al