Tutti gli attuali odontoceti, di acqua salata e dolce, sembrano in grado di ecolocalizzare. Tuttavia non è ancora chiaro quando gli antenati comuni alle odierne specie acquisirono una tale capacità. Un comportamento così complesso è stato possibile solo in seguito a una lunga serie di modifiche anatomiche e l’origine di diverse novità evolutive. La produzione dei suoni è infatti possibile solo grazie al passaggio dell’aria dalle ossa delle narici attraverso le labbra foniche, una vera e propria innovazione adattativa. Allo stesso modo, un’altra struttura unica di questi animali è il melone, un organo lipidico situato nel cranio e adibito all’indirizzamento e alla ricezione dei suoni.
Le più antiche testimonianze fossili di organismi con caratteristiche anatomiche compatibili con l’ecolocalizzazione sono state rinvenute in Squalodon, specie vissuta tra 33 e 14 milioni di anni fa, ma un nuovo ritrovamento fossile retrodata la comparsa di questo comportamento. La nuova specie, denominata Cotylocara macei (gen. et sp. nov.), visse intorno a 28 milioni di anni fa e diverse caratteristiche anatomiche del suo cranio suggeriscono che era in grado di praticare una rudimentale forma di ecolocalizzazione.
Con in mano i dati morfometrici di Cotylocara e combinandoli con quelli di altre specie estinte e tuttora esistenti, i ricercatori hanno realizzato un approfondito albero filogenetico degli odontoceti, mostrando che la famiglia a cui appartiene questa specie si separò dagli altri almeno 32 milioni di anni or sono. Dalle medesime analisi emerge inoltre che la capacità di ecolocalizzare si originò in tempi ancora precedenti, tra 35 e 32 milioni di anni fa, all’inizio dell’Oligocene. Fu proprio in questo periodo che la linea evolutiva degli odontoceti si separò da quella dei misticeti, indicando che l’ecolocalizzazione ha da sempre contraddistinto questo gruppo di cetacei.
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