Un nuovo fossile descritto sull'ultimo numero di Nature fornisce importanti informazioni sull'evoluzione dell'ecolocalizzazione, tipica dei cetacei odontoceti, ovvero i cetacei dotati di veri e propri denti, come delfini, orche e capodogli.
Nel corso dei decenni sono stati individuati diversi processi di formazione di nuove specie. Tra questi, i due principali meccanismi di speciazione di cui sono state portate innumerevoli evidenze sono quello allopatrico e quello simpatrico.
Forse non avranno la memoria centenaria degli elefanti, ma anche i tursiopi (Tursiops truncatus) dimostrano di possedere straordinarie capacità nel rielaborare ricordi a lungo termine, anch'esse paragonabili a quelle umane.
CRONACA - Sulle capacità cognitive del delfino comune (Tursiops truncatus) è stato scritto tanto, ma alla già ricca letteratura si aggiungono periodicamente pagine sempre più interessanti che riguardano diversi aspetti della loro biologia comportamentale. Per esempio è noto da anni che ciascun individuo di questa specie sia caratterizzato da un tipico richiamo di riconoscimento individuale, un fischio distintivo che identifica colui che lo emette, chiamato signature whistle. Oltre che essere ampiamente utilizzato in contesti 'familiari', pochi mesi fa è stato dimostrato che questo fischio viene emesso come una sorta di presentazione individuale nei confronti di individui estranei.
Dalle pagine della rivista Proceedings of the Royal Society of London B: Biological Sciences emerge oggi un aspetto ancora più interessante: gli individui che vivono nei medesimi gruppi sociali sono in grado di copiare i signature whistle degli altri membri ed utilizzarli nei processi comunicativi. Insomma, i delfini sono in grado di chiamarsi per nome, in modo del tutto analogo a quello che avviene nel linguaggio umano. L'unica differenza è che in questo processo i cetacei ricorrono all'utilizzo del fischio anziché della parola
AMBIENTE - Riceviamo questo comunicato dall'associazione MareVivo e lo rilanciamo, perché seppur piccola ci sembra una storia del nostro mare da raccontare
Roma, 20 febbraio 2013 - La mattina di martedì 19 febbraio un giovane delfino entrava nella darsena del porto di Civitavecchia attirando subito grande attenzione. Il delfino che secondo le testimonianze dei numerosi presenti appariva in ottimo stato di salute, nuotava tra le imbarcazioni ormeggiate. Nel pomeriggio il piccolo delfino purtroppo è morto in circostanze sulle quali è assolutamente necessario fare luce. Ci chiediamo se siano sono state messe in atto da tutti i soggetti intervenuti le procedure idonee quando si interviene in casi come questo. Solo l’autopsia eseguita da un Istituto pubblico abilitato può dare delle risposte che ci auguriamo arrivino al più presto
CRONACA - Un trucchetto matematico che i delfini usano per pescare potrebbe affinare le tecniche di rilevamento sonar in acque basse, per esempio quelle che servono per rilevare le mine.
I delfini usano "racchiudere" i banchi di pesce che cacciano in un muro di bolle per intrappolarli, ma questo metodo potrebbe ridurre la prestazione del sistema sonar che questi animali usano per individuare oggetti (e altri pesci) nell'acqua. Infatti le bolle nell'acqua riflettono il segnale sonar meglio dei pesciolini che i deflini vorebbero mangiarsi.
Perché usare le bolle allora, si sono chiesti gli scienziati? Timothy Leighton e colleghi dell'Univesità di Southampton pensano che i delfini usino un "trucco" basato sulla matematica. I ricercatori hanno generato dei "click" simili a quelli usati dal sonar del delfino dentro una vasca in cui una sfera di metallo (che simulava un pesce) era nascosta da una nuvola di bolle