Per scoprire cosa succede all’interno del cervello di un essere umano quando ha sete, il team di Pascal Saker dell’Università di Melbourne ha reclutato 20 persone tra uomini e donne in buone condizioni fisiche, e le ha fatte esercitare su una cyclette per un’ora. In seguito, grazie a risonanza magnetica (MRI), gli scienziati hanno scansionato il cervello dei volontari per misurare la variazione del flusso sanguigno nelle varie aree cerebrali. In una prima sessione di MRI, a tutti e 20 i partecipanti è stato chiesto di bere solamente fino a placare la sete, poi, in corrispondenza con la seconda scansione cerebrale, di continuare invece anche quando non ne avessero più sentito il bisogno.
Gli scienziati hanno scoperto che le reazioni a livello cerebrale sono essenzialmente due. Quando i partecipanti bevevano in risposta a una forte sensazione di sete, infatti, venivano coinvolte le aree del cervello caratteristiche del decision making di tipo emozionale (corteccia cingolata anteriore e corteccia orbitofrontale). Quando non vi era invece questo tipo di impulso, e le persone erano “costrette” a continuare a bere anche dopo aver placato la sete, entravano in scena le regioni cerebrali che intervengono nel controllo del movimento (cervelletto e corteccia motoria).
Animali assetati, dai tempi dell’Ordoviciano
Secondo i ricercatori questi circuiti cerebrali si sarebbero evoluti per impedirci di bere troppa acqua, perché farlo conduce a livelli di sodio pericolosamente bassi per il nostro organismo. Il cosiddetto istinto della sete, negli esseri umani e negli altri animali, probabilmente si è evoluto nell’Ordoviciano, circa 400 milioni di anni fa, allo scopo di mantenere l’equilibrio tra idratazione e sostanza nutritive (come il sodio, appunto, vitale per il corretto funzionamento delle cellule).
È dunque un’ottima cosa che il nostro cervello sia in grado di dire al corpo quando è ora di smettere di bere, proprio per evitare condizioni come l’iponatriemia, quando la concentrazione di sodio nel sangue scende al di sotto dei 135 mmol/L, e l’edema cerebrale, quando si verifica un eccesso di liquidi nel cervello. Un esempio riportato nello studio sono le persone affette da schizofrenia, che a volte assumono troppi liquidi e corrono maggior rischio di sviluppare queste condizioni. Secondo i ricercatori, questo suggerisce che i disordini mentali possano influenzare anche la capacità del nostro cervello di regolare l’equilibrio dei liquidi all’interno del corpo.
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