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Se ci sono isole lo tsunami colpisce più forte

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AMBIENTE – A lungo si è pensato che le isole al largo della costa costituissero una sorta di difesa naturale dagli tsunami, bloccando la potenza del maremoto e proteggendo così la terraferma. Almeno in parte. Secondo un nuovo studio tuttavia la realtà è esattamente l’opposto: grazie a dei modelli elaborati al computer, un team internazionale ha scoperto che qualsiasi sia la geometria delle isole offshore la loro presenza non porta benefici alla costa nel momento in cui lo tsunami colpisce.

Al contrario, spiegano gli scienziati. Le isole concentrano l’energia del maremoto e aumentano le inondazioni sulla terraferma fino al 70%. “È dove si trova la maggior parte dei villaggi dei pescatori, proprio ‘dietro’ le isole, costruiti lì con l’idea che queste li proteggono dalle onde marine”. Spiega Costas Synolakis, uno degli autori dello studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society A: Mathematical, physical and Engineering Sciences.

Partendo dai dati relativi allo tsunami che nel 2010 ha colpito le isole Mentawai, al largo di Sumatra, gli scienziati hanno notato che i villaggi costruiti “all’ombra” di queste isolette hanno sofferto l’impatto del maremoto molto più pesantemente rispetto a quelli situati lungo il resto della costa. L’elaborazione di modelli al computer ha poi permesso di capire che le Mentawai avevano effettivamente contribuito a peggiorare gli effetti, piuttosto che a diminuirli come si pensava finora.

È a questo punto che Synolakis e un collega hanno deciso di approfondire la questione, per capire se si trattasse di una situazione unica nel suo genere oppure no. Studiando l’inclinazione di svariate isole e spiagge, la distanza tra le due e la potenziale portata degli tsunami tramite machine learning (un processo che permette al computer di “imparare” dalle operazioni compiute in precedenza per continuare l’elaborazione), gli scienziati hanno avuto conferma che la presenza di isole contribuiva in svariati scenari a peggiorare la portata del maremoto. Tra le zone a rischio c’è ad esempio la costa nord-orientale della Nuova Zelanda, che al largo è punteggiata da isolette.

“Saranno necessari sforzi per migliorare l’educazione pubblica in modo che chi abita sulla costa possa capire meglio i rischi legati agli tsunami, e in quali casi sono necessarie cautela e responsività extra, una volta che l’emergenza è in corso”, spiega Synolakis.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Christina Spicuzza, Flickr

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