Questo studio riguarda ovviamente le cosiddette “vespe sociali” (in particolare la vespa cartonaia, famiglia Vespidae, sottofamiglia Polistinae). Esistono infatti vespe sociali e vespe solitarie. Anzi, vespe eusociali, termine coniato appositamente per identificare la socialità degli insetti, caratteristica che ne contraddistingue solo pochi ordini. Nel mondo delle vespe si considera eusociale una colonia nella quale i membri allevano in comune la prole, presentano una divisione del lavoro in caste di tipo riproduttivo (la regina: femmina fecondata, le operaie: femmine sterili, e maschi fertili) e presentano una sovrapposizione di generazioni (i figli rimangono assieme ai genitori).
Ma non è solo una questione di quantità. Lo sviluppo del cervello delle vespe, infatti, non è omogeneo in tutte le sue parti: cervelli più grandi presentano in proporzione un maggiore investimento nei tessuti che coordinano le interazioni sociali, l’apprendimento, la memoria e altri comportamenti complessi, come spiega il neurobiologo e professore all’Università di Washington Sean O’Donnell, coordinatore della ricerca.
Ma ci sono differenze anche tra individui appartenenti alla stessa colonia, poiché “la regina è costantemente sotto pressione nell’esercitare la sua supremazia. Un ruolo che richiede elevate capacità cognitive”, come spiega O’Donnel. Una scoperta inattesa, considerando l’apparente inattività delle regine, che se ne stanno nell’alveare mentre le operaie vanno in cerca di cibo. Ma evidentemente la difesa del proprio stato sociale richiede capacità cerebrali ancora superiori…