Le analisi dei genomi mostrano che in entrambe le specie l’evoluzione molecolare ha proceduto a ritmi estremamente rapidi, se viene fatto il confronto con tutti gli altri vertebrati terrestri il cui genoma è stato finora sequenziato. Emergono anche forti indizi di un’azione positiva della selezione naturale in diversi gruppi di geni. Entrambe queste evidenze indicano una probabile risposta adattativa del genoma all’inusuale stile di vita dei serpenti, che ha modificato fortemente la loro anatomia corporea.
Sebbene le due specie condividano gran parte della loro storia evolutiva, e quindi presentino numerose affinità anche a livello genetico, un importante aspetto comportamentale li divide profondamente: la strategia di caccia. Infatti, il cobra reale è il più grande serpente velenoso a oggi esistente e uccide le sue prede proprio con la sua potente tossina. Il pitone moluro, al contrario, coglie di sorpresa le sue vittime per poi avvinghiarle nelle proprie spire fino alla morte, che sopraggiunge per soffocamento. È evidente che due comportamenti così diversi implichino anche adattamenti metabolici e fisiologici differenti: i due studi si sono pertanto concentrati sugli aspetti peculiari delle due specie.
In particolare, dai risultati emerge come nel cobra, i geni che producono il veleno, formato da una combinazione di oltre 70 proteine, siano estremamente variabili (coinvolgono 20 famiglie di geni) e duplicati. Questa grande variabilità è infatti utile a fornire il materiale necessario per il continuo mutamento della tossina, garantendo così un costante vantaggio nella coevoluzione con le prede. Qualora, infatti, una preda si dimostrasse immune al veleno, il serpente avrebbe la possibilità di evolvere velocemente una variante ancora più letale e quindi prevalere nella corsa agli armamenti tra prede e predatori.
Nel pitone, invece, si rileva una selezione positiva di molti geni legati al metabolismo, molti dei quali si attivano solo dopo i rari pasti: questa specie, infatti, può sopravvivere anche nutrendosi solo quattro-cinque volte all’anno, se le prede catturate fossero di grandi dimensioni. In ogni caso, in seguito ai pasti si osserva una crescita del metabolismo fino a 40 volte rispetto alla condizione di riposo, e circa il 50% dei geni cambia la propria attività.
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