Fino ad oggi sono stati sequenziati gli interi genomi di svariati vertebrati. A questa lista in continua espansione, mancavano però quelli di un importante gruppo di rettili: quello dei serpenti. A colmare questa lacuna ci hanno pensato, contemporaneamente ma indipendentemente, due gruppi di ricerca che hanno presentato sulle pagine della rivista PNAS i risultati del sequenziamento dei genomi del cobra reale (Ophiophagus hannah) e del pitone moluro, o pitone birmano (Python molurus).
È grazie alla minaccia dei serpenti che i nostri antenati hanno evoluto capacità di visione così sofisticate: lo spiega un nuovo studio pubblicato su Pnas.
COSTUME E SOCIETÀ - Giusto in tema con il Carnevale della biodiversità ospitato quest’anno da OggiScienza, un articolo sui Proceeding of the National Academy of Sciences ricostruisce la complicata convivenza tra umani e serpenti sin dalla preistoria, spiegando le ragioni dell’atavica paura, mista a fascino e repulsione, che da sempre suscitano in noi gli ofidi. Oggigiorno non abbiamo reali ragioni per temerli, date le rarissime, per non dire nulle, occasioni d’incontri ravvicinati. Eppure, la vista di un serpente, anche se appare solo in un documentario naturalistico, genera una reazione istintiva, negli adulti come nei bambini. Quasi che l’ofidiofobia, la fobia dei serpenti, sia scritta nei nostri geni, una sorta di spia d’allarme impressa nel Dna nel corso di centinaia di migliaia di anni. Perché ci spaventano tanto? Cos’è successo nel passato tra la specie umana e gli striscianti rettili carnivori?
Le famiglie terrestri sono state monoparentali per miliardi di anni fino all’invenzione del sesso maschile. Alcune specie ne fanno tuttora meno, non è chiaro se da tempo oppure occasionalmente, se per scelta o per assenza di opportunità, per senso di solitudine o per evitare l’estinzione. Una genitrice e basta è la regola fra gli unicellulari da cui discendiamo tutti e ne approfittiamo per elevare una vibrata protesta contro l’acronimo Luca per Last Ultimate Common Ancestor, quando non può che chiamarsi Lucia.
Fra i discendenti di Lucia, anche se non fra quelli di Lucy, fanno a meno di un compagno squali, uccelli, insetti, lucertole e nessuna vertebrata più sinuosa ed elegante della Boa constrictor. Un anno fa, sulle Biology Letters della Royal Society, Warren Booth e altri quattro americani descrivevano i parti nel 2009 e nel 2010 - non c’è più privacy, signore mie - delle 22 figlie di una constrictor imperator platinata con macchie color caramello. Le analisi del DNA avevano appurato che le piccole erano prive di un padre sebbene quattro candidati fossero presenti nella teca natia. Maculate come la mamma, eppure invece dei cromosomi W e Z ne avevano ereditato due volte il cromosoma W ed erano i suoi cloni solo per metà.
CRONACA - I serpenti sono in assoluto il gruppo di origine più recente tra i rettili, ma le loro radici evolutive sono ancora oggetto di acceso dibattito.
A partite da un punto fondamentale: i loro antenati erano acquatici o terrestri?
Nel primo caso, si sarebbero evoluti direttamente da creature come il Mosasaurus, nel secondo da lucertole terrestri simili ai varani, a loro volta derivati dal gruppo a cui appartenevano i mosasauri.
La nuova ricerca, pubblicata sul Journal of Vertebrate Paleontology fa propendere decisamente per la seconda ipotesi. Grazie all'aiuto dei fisici dell' ESFR (European Synchrotron Radiation Facility) e del KIT (Karlsruhe Institute of Technology) un team di paleontologi del Museum National d'Histoire Naturelle di Parigi ha analizzato un fossile di 95 milioni di anni (periodo Cretaceo) del "serpente" Eupodophis descouensi, in cui è ben evidente una piccola zampa (2 centimetri, su un animale che in ne misura 50) che spunta nella parte posteriore del corpo.