Ecco il nostro carro per il VI Carnevale della Biodiversità. Nel prossimo post la sfilata coi link a tutti i blog di questa edizione.
Le famiglie terrestri sono state monoparentali per miliardi di anni fino all’invenzione del sesso maschile. Alcune specie ne fanno tuttora meno, non è chiaro se da tempo oppure occasionalmente, se per scelta o per assenza di opportunità, per senso di solitudine o per evitare l’estinzione. Una genitrice e basta è la regola fra gli unicellulari da cui discendiamo tutti e ne approfittiamo per elevare una vibrata protesta contro l’acronimo Luca per Last Ultimate Common Ancestor, quando non può che chiamarsi Lucia.
Fra i discendenti di Lucia, anche se non fra quelli di Lucy, fanno a meno di un compagno squali, uccelli, insetti, lucertole e nessuna vertebrata più sinuosa ed elegante della Boa constrictor. Un anno fa, sulle Biology Letters della Royal Society, Warren Booth e altri quattro americani descrivevano i parti nel 2009 e nel 2010 – non c’è più privacy, signore mie – delle 22 figlie di una constrictor imperator platinata con macchie color caramello. Le analisi del DNA avevano appurato che le piccole erano prive di un padre sebbene quattro candidati fossero presenti nella teca natia. Maculate come la mamma, eppure invece dei cromosomi W e Z ne avevano ereditato due volte il cromosoma W ed erano i suoi cloni solo per metà.
Le boa potrebbero essere inclini alla partenogenesi, almeno quando sono in cattività e non possono scegliersi il compagno. Sull’ultimo numero del Journal of Heredity, lo stesso Warren Booth (1) e altri co-autori si dilungano sulle “Nascite consecutive da una vergine colombiana di Boa arcobaleno Epicrates maurus”. La madre era stata comprata all’età di tre giorni nel 1987, e non aveva mai incontrato un maschio quando partorì 6 femmine nel 2006 e 3 nel 2007, tutte con doppio cromosoma W, ma destinate a una morte precoce. Forse per l’età avanzata della madre, morta nel 2010?
Certe serpenti possono tenere da parte lo sperma del padre e usarlo anche ad anni di distanza – come certi pipistrelli, tartarughe ed altri rettili. Le vipere a volte scelgono la “partenogenesi facoltativa”. Nel luglio scorso, su Warren Booth paragonavano il DNA delle due figlie sopravvissute, su quattro nate vive, con quello della pelle della madre, un’Agkistrodon contortrix, e fugavano ogni dubbio: si trattava proprio di partenogenesi. Al contrario i nove figli e le dieci figlie di una Crotalus adamanteus, vergine solo putativa, avevano due genitori, ma uno di essi si era reso irreperibile.
Elencati i vantaggi del parente in meno per le boa, Booth scrive:
Alla luce di queste recenti scoperte, appare che la partenogenesi può di fatto essere un aspetto importante dell’evoluzione dei vertebrati e non la novità evolutiva quale la si considerava un tempo.
Nella suddetta evoluzione è compresa quella dei Varanus komodoensis, dei lucertoloni carnivori dell’Indonesia con il dente avvelenato e un debole per i turisti, i quali possono raggiungere i 2 metri di lunghezza e circa un quintale. Il 20 dicembre 2006, data quasi fatidica, Nature annunciava una bella sorpresa:
Questo Natale, una natività insolita viene rappresentata in due zoo inglesi. In quello di Chester un drago di Komodo chiamata Flora aspetta otto bambini mentre Sungai ha già dato alla luce quattro draghi in quello di Londra.
La cosa insolita, rivelavano Philip Watts ed altri esperti tra i quali Claudio Ciofi dell’università di Firenze quando non è nell’isola di Komodo, era che nascituri e nati avevano due cromosomi Z. Per la prima volta da oltre duemila anni, all’umanità era dato assistere alla nascita di maschi d.o.c. da madre vergine.
(1) Forse più noto ai lettori per gli studi sulle blatte tedesche negli appartamenti americani.