Il robot serpente per l’esplorazione urbana
Cercando indizi in natura si possono migliorare i prodotti della tecnoogia. Così la robotica incontra la biologia
TECNOLOGIA – Uno dei possibili compiti da far svolgere a un robot – oltre all’assistenza agli anziani, la pulizia di casa, le operazioni di soccorso e parecchie altre opzioni – è l’esplorazione di zone o strutture in cui noi non possiamo andare. O non vogliamo. O potremmo ma è meglio evitare. Per esempio le profondità di uno scavo archeologico, una rete di tubature, una centrale elettrica.
Ma per muoversi agevolmente in certi ambienti un robot deve anche avere la struttura adeguata, potersi infilare in stretti passaggi, non incastrarsi in ostacoli. E quale forma migliore di un corpo snello e allungato come quello di un serpente? L’idea arriva da un gruppo di ricercatori del Georgia Institute of Technology che, collaborando con lo zoo di Atlanta, ha studiato a lungo il comportamento e i movimenti del crotalo ceraste (Crotalus cerastes), un serpente velenoso diffuso nel sud degli Stati Uniti e in parte del Messico che si muove sulla sabbia con estrema agilità. E ha sfruttato queste ricerche per migliorare la motilità di un modello di robot serpente, lungo una novantina di centimetri.
Da queste osservazioni gli scienziati sono infatti riusciti a cogliere qualche trucchetto, dettagli che permettono ai serpenti veri di muoversi rapidamente nell’ambiente e di girarsi in modo repentino. Nonostante la complessità del suo corpo – e la presenza di migliaia di muscoli – il moto di questa specie può essere descritto con semplicità attraverso le sue due diverse modalità, ovvero con il corpo che si muove a onde verticali e orizzontali. Cambiare la fase e l’ampiezza di queste onde permette a questa specie di ottenere un controllo del movimento a dir poco eccezionale (come ha scoperto qualche tempo fa lo stesso team di ricercatori).
«Abbiamo programmato i robot serpente per anni e abbiamo capito come fare per farli strisciare tra i detriti e attraverso, o intorno, ai tubi», spiega Howie Choset, tra gli autori della pubblicazione sui serpenti robot su PNAS. «Imparando dagli animali in carne e ossa, tuttavia, possiamo rendere questi movimenti ancora più efficienti e semplificare il controllo da parte di chi guida il robot. Questo rende i nostri robot ancora più preziosi come strumenti per operazioni di ricerca e soccorso in ambienti urbani, per ispezioni nelle centrali elettriche e persino per l’esplorazione di siti di interesse archeologico».
Elaborato un modello sul movimento dei crotali, i ricercatori guidati da Henry Astley hanno applicato gli stessi controlli (come cambi di fase per girarsi rapidamente dall’altra parte e onde verticali e orizzontali) ai robot, ottenendo spostamenti analoghi. «Cercando indizi in natura abbiamo migliorato tantissimo i controlli e la manovrabilità del robot», spiega Astley, «usandolo allo stesso tempo come test per studiare i meccanismi sul controllo motorio del crotalo ceraste, finora solo una teoria». Così la robotica ha aiutato la biologia. E viceversa.
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Credit Immagine: Carnegie Mellon University