SCOPERTE – Quasi cinquanta ricercatori di svariate discipline e decine di Paesi europei, mediorientali e nord-africani hanno studiato i lipidi rimasti attaccati a 6400 cocci di ceramica, trovati negli scavi di siti preistorici dall’Anatolia alla Scandinavia passando dalla Gran Bretagna e l’Irlanda. Il risultato di anni di lavoro è uscito su Nature, che gli ha anche dedicato la copertina. Le analisi molecolari (1), scrivono gli autori, mostrano che
i contadini hanno sfruttato i prodotti delle api, continuamente e probabilmente estensivamente almeno dal settimo millennio a.C., per una varietà di funzioni tecnologiche e culturali. La stretta associazione tra l’Apis mellifera e le comunità contadine del Neolitico risalgono agli albori dell’agricoltura, e può indicare l’inizio di un processo di addomesticamento.
Quelle esistenti bastano a concludere che i contadini di allora non fossero “cacciatori” occasionali, quando capitavano su un alveare selvatico. Appena finita l’ultima era glaciale, si sono messi a raccogliere i favi durante la bella stagione. E forse provavano già ad “addomesticare” le api, le invitavano a stabilirsi vicino ai propri insediamenti, disponendo tronchi cavi, orientati verso sud, al riparo dal vento, accanto a fonti d’acqua fresca, come Virgilio raccomandava a Mecenate nel libro IV delle Georgiche.
(1) Un bel libro in tema, e anche su rapporti più pacifici di ora tra Medioriente, Nord Africa ed Europa: Il pranzo della festa, Garzanti editore. L’autore, Martin Jones dell’Università di Oxford, è il padre di molte tecniche usate per questa ricerca.
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Crediti immagine 1: Bill Tyne, Flickr
Crediti immagine 2: Anna, l’ape operaia fotografata ma non sfruttata da Luca Mazzocchi/MondoApi.