Caro serpente, buon appetito
La nutrizione dei serpenti è un aspetto molto delicato per chi li tiene come pet: ad accomunare le diverse specie è la dieta carnivora, basata prevalentemente su topi e ratti.
Una doverosa premessa: nel corso della storia, la nostra specie ha selezionato gli animali che oggi conosciamo come “domestici” sulla base di tratti specifici, dalla produttività alla mansuetudine, dall’aspetto all’abilità di svolgere determinati lavori. Cani, gatti, galline, cavalli, pecore, conigli e molti altri hanno imparato a convivere con noi e, se tenuti in modo appropriato, ad adattarsi alla cattività. Ma, per dirla con le parole della World Animal Protection, un’organizzazione no-profit per la tutela degli animali, c’è chi desidera qualcosa di più “inusuale”: la detenzione di specie esotiche e selvatiche riguarda diversi animali, da piccoli mammiferi a uccelli, rettili e anfibi.
Come autrici di questa rubrica, crediamo che le specie selvatiche appartengano al loro ambiente naturale. Tuttavia riteniamo corretto parlare anche di animali che, pur non essendo andati incontro al processo di domesticazione (dunque “domestici”), sono oggi diffusi come pet, proprio perché la scelta di acquistare una specie esotica richiede la massima consapevolezza da parte dell’aspirante proprietario. La detenzione di alcune di queste specie è strettamente regolata dalle normative nazionali e internazionali: in particolare attraverso la CITES, recepita in Italia principalmente con la legge 150/92, che ha lo scopo di tutelare le specie dallo sovra-sfruttamento, e i decreti sulle specie pericolose per l’incolumità e la salute pubbliche.
Chi sceglie di convivere con un animale selvatico ed esotico deve assicurarsi che la sua detenzione sia effettivamente permessa e di acquistarlo da venditori autorizzati, che garantiscano la legalità della provenienza. Inoltre, deve essere in grado di garantirgli condizioni di vita idonee, curando il benessere psicofisico di specie adattate ad ambienti ben diversi dal nostro. E senza mai credere che, in caso di ripensamenti, l’abbandono sia una soluzione.
Di serpenti esistono svariate specie e moltissime sono commercializzate come pet. Provenienti da habitat diversi, originarie di aree del globo profondamente differenti tra loro, è indubbio che ciascuna abbia le proprie necessità. Anche quando si parla di alimentazione, sulla quale però un punto (quasi sostanzialmente) in comune, i serpenti, ce l’hanno: sono carnivori. Ciò non significa, però, che sia sufficiente lasciar loro un petto di pollo o un tocco di manzo. Se alcuni preferiscono i pesci o gli insetti, la maggioranza di quelli tenuti come pet, soprattutto boa (Boa constrictor) e pitoni (in particolare il pitone reale, Python regius, uno dei più diffusi come pet), è alimentata con topi e ratti: una dieta che può scoraggiare alcuni e che richiede comunque alcuni accorgimenti precisi.
Cerchiamo allora di vedere alcuni degli aspetti più importanti della nutrizione dei serpenti.
Una sana e corretta alimentazione
Abbiamo già accennato, in un articolo precedente, al fatto che molte delle malattie dei rettili in cattività possono essere ricondotte all’alimentazione. Da una parte possono insorgere problemi legati alla sovra-alimentazione che, unita alla carenza di attività fisica (i serpenti come i pitoni non sono particolarmente attivi, ma un terrario piccolo e povero dal punto di vista ambientale limita ulteriormente i movimenti), può portare all’obesità. A sua volta, questa è associata, non diversamente da quanto avviene nella nostra specie, a vari problemi di salute, da quelli cardiovascolari a quelli scheletrici.
Dall’altra, non è infrequente, in particolare nei pitoni, che si manifesti anoressia. Questa può essere legata sia a fattori fisiologici come la brumazione (una sorta di letargo tipico di alcuni rettili), la muta, o la deposizione delle uova nelle femmine, oppure a errori gestionali, dallo stress alla preparazione scorretta del cibo, alla temperatura o umidità del terrario eccessivamente alte o basse.
Un occhio alle dimensioni
Alcuni serpenti si nutrono di uova; altri preferiscono gli insetti; altri ancora prediligono lucertole e gechi o perfino altri serpenti; ci sono quelli, come Hetrodon nasicus, che amano gli anfibi; e quelli che mangiano piccoli pesci; quelli, infine, che si nutrono di piccoli mammiferi. Topi e ratti sono, in effetti, l’alimentazione principale per i serpenti più tenuti in cattività, come pitoni, boa e colubridi. «L’alimentazione dei serpenti in natura, dove possono mangiare un po’ di tutto, è ben distinta da quella dei serpenti allevati in cattività», spiega a OggiScienza Luca Re, fondatore e attuale vicepresidente dell’Associazione Veterinari Esotici di Milano. «In generale, topi e ratti possono fornire ai serpenti tenuti come pet tutti i nutrienti di cui hanno bisogno e sono di solito graditi ai serpenti; inoltre, è ormai piuttosto facile reperirli online o nei negozi specializzati. È importante tenere però anche in considerazione come vengono nutriti gli animali allevati come prede: se in modo completo e corretto, allora saranno un alimento completo anche per il serpente».
«Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è la loro dimensione», continua il veterinario. «Infatti, un altro tipo di problemi che osserviamo in clinica è quello dovuto alla costipazione, perché al serpente sono forniti alimenti troppo grossi». In commercio si possono trovare topi e ratti di diverse dimensioni: si va dai pinky, di pochi giorni di età e del peso di pochi grammi, a quelli di primo pelo, e via via fino agli individui più grandi. Purtroppo, la letteratura scientifica in merito all’alimentazione dei serpenti è molto scarsa e non esistono linee guida validate su quale sia la dimensione giusta della preda in rapporto a quella del serpente.
«I consigli che si trovano in giro, in rete o dati dagli allevatori, sono vari: c’è chi suggerisce di non dare prede più grandi di una volta oppure una volta e mezzo la testa del serpente, chi calcola la dimensione in rapporto al diametro del serpente… Ma ovviamente non tutte queste indicazioni sono affidabili ed è sempre bene rivolgersi a un veterinario specializzato. Il punto fondamentale da tenere a mente è comunque quello di evitare roditori (o altre prede) troppo grosse: piuttosto, meglio dare più prede di dimensioni contenute», spiega Re.
Con tanto di pelliccia
Se si escludono i topi pinky, tutti gli altri usati per alimentare i serpenti devono essere forniti (e sono venduti) completi di testa, pelliccia e zampe. Gli appassionati sanno bene – ma forse è meno noto a chi non s’interessa particolarmente di serpenti – che ossa e peli sono elementi fondamentali per il processo digestivo: «Servono come residuo non digeribile che consente al bolo alimentare di proseguire nell’intestino», spiega il veterinario (potremmo dire che hanno un po’ la funzione delle fibre nella nostra dieta).
Anche per quanto riguarda la frequenza di alimentazione i parametri sono variabili in rapporto soprattutto all’età del serpente. Di certo, i serpenti sono ben diversi dagli altri pet: non lasceremmo mai un cane o un gatto (ma nemmeno un pappagallo, un ratto, un coniglio…) 15 giorni senza cibo; per i serpenti, invece, restare senza mangiare anche per periodi relativamente lunghi non è affatto strano. «I serpenti non mangiano quotidianamente. In termini molto generali, si può dire che per un pitone reale la frequenza di alimentazione va da una volta ogni cinque giorni per i serpenti più giovani, i cosiddetti baby, a una volta ogni 15 circa per gli adulti», spiega Re. «Ma anche qui mancano i parametri fissi, tanto che a volte si consiglia di alimentarli, genericamente, quando hanno defecato o mostrano segni di appetito, per esempio se si mettono in posizione di caccia, con la testa ritratta a S».
Dopo il pasto, il serpente non deve essere manipolato. La capacità caratteristica dei serpenti di nutrirsi di prede grandi a intervalli poco frequenti richiede un certo dispendio metabolico: il metabolismo basale può aumentare fino a dieci volte e coinvolge una serie di processi, che vanno dalla secrezione ormonale all’aumento della massa e delle funzioni dell’apparato digerente, complessivamente noti come specific dynamic action e che rappresentano un momento molto delicato per l’animale.
Abbiamo visto che il topo o il ratto, così come altri con i quali si può variare la dieta del serpente (secondo uno dei pochi studi al riguardo, i pulcini sono una possibile alternativa), devono essere “serviti” integri. Forniscono così tutti i nutrienti di cui il serpente ha bisogno, per cui, salvo specifiche condizioni patologiche e in seguito a visita con un veterinario specializzato, non sono di norma necessari integratori. «I serpenti, a differenza dei rettili vegetariani, ottengono il calcio e la vitamina D di cui hanno bisogno direttamente dall’alimentazione. Tuttavia, personalmente ritengo che una certa dosa di raggi ultravioletti, coinvolti nel metabolismo della vitamina D, possa essere di beneficio anche per loro, sebbene vi sia un certo dibattito sull’argomento».
Preda viva o morta, una questione (che dovrebbe essere) superata
In rete si trovano ancora numerosi video e alcuni articoli che mostrano o parlano dell’alimentazione con prede vive. «Questo tipo di alimentazione è sconsigliato da anni, e la comunità veterinaria è concorde nel consigliare vivamente l’alimentazione con prede decongelate», spiega Re. «Da una parte per ragioni etiche, nel senso che un topo o un ratto posti nella teca di un pitone possono essere sottoposti a un profondo stress e, a differenza di quanto avviene in natura, non hanno alcuna possibilità di fuga. Gli animali che vengono venduti nei negozi dovrebbero essere uccisi in modo indolore, di norma con l’anidride carbonica. Dall’altra per ragioni pratiche non di poco conto: il congelamento, per esempio, consente di abbattere i patogeni del roditore che possono infettare il serpente». E non c’è solo l’aspetto sanitario: non è infrequente che la preda attacchi il predatore. La preda viva può procurare lesioni gravi al serpente, morsi e graffi la cui infezione può risultare mortale.
Come notava già un articolo del 1953, i serpenti non fanno di norma schizzinosi se, invece di dover uccidere la preda, la trovano servita. Importante però che sia a temperatura corporea. Il serpente percepisce infatti la preda grazie a fossette termosensibili poste sul muso e che, come ha rivelato uno studio del 2010, funzionano grazie a un particolare tipo di canale ionico che agisce come recettore dei raggi infrarossi. Prima di “servire” il ratto o il topo, quindi, questo dev’essere decongelato e in parte scaldato perché il serpente possa “vederlo”. «E il decongelamento va fatto con cura, per evitare che l’interno della preda risulti troppo caldo o ancora freddo – il che può causare ustioni e vari problemi», conclude Re.
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