Se l’ipotesi di doping fosse confermata, questa non sarebbe la prima volta che Riccò ricorre al doping, infatti nel 2008 era risutato positivo al test per rilevare il Cera nel corso del Tour de France e condannato dalla procura antidoping italiana. Oggi rischia una condanna civile per violazione della legge antidoping e la radiazione in ambito sportivo. Ma questo non è che l’ultimo di una serie di casi (veri o presunti) che interessano tutti gli sport (o quasi).
I ciclisti positivi ai test antidoping non sono una novità. Sebbene non siano gli unici colpevoli, non possiamo non ricordare corridori famosi, come Ivan Basso e Marco Pantani, la cui splendida carriera fu interrotta nel 1999 da un valore di ematocrito troppo alto.
Il doping non è solo un male del ciclismo, come rivelano anche le statistiche pubblicate ogni anno da enti come la World Anti-Doping Agency (Wada), e anche l’atletica ha i suoi casi famosi, primo fra tutti Ben Johnson. All’abuso di steroidi rilevato nel corso dei giochi olimpici di Seul del 1988 è seguito il ritiro della medaglia d’oro e l’annullamento del record dei 100 metri piani. A seguito della confessione di Marion Jones che nel 2007 dichiarò di fare uso di sostanze dopanti dal 1999, il comitato olimpico internazionale ha ritirato e riassegnato le medaglie vinte dall’atleta.
Nell’atletica, come nel nuoto e in altri sport, sorprendono i continui miglioramenti delle prestazioni e il raggiungimento di sempre nuovi record. Gli atleti tagliano il traguardo secondi o frazioni di secondo in meno ad ogni gara e, secondo alcuni, questo non può essere spiegato sempre con le nuove tecnologie delle attrezzature e dell’abbigliamento.
Proprio per regolare e armonizzare normative e controlli a livello internazionale, nel 1999 è stata istituita la Wada, il cui scopo principale è di promuovere la cultura dello sport senza doping, la ricerca in questo campo e l’educazione sociale. Una delle campagne promosse riguarda ad esempio la definizione di linee di condotta comuni a livello internazionale per la lotta al doping, grazie anche alla stesura del World Anti-Doping Code e alla definizione di linee guida e standard condivisi in tutti gli sport e in tutti i paesi.
La Wada e la International Cycling Union hanno anche promosso l’utilizzo del passaporto biologico del ciclista, che registra i risultati dei test che l’associazione promuove anche in contesti differenti dalle competizioni ufficiali per tracciare il profilo personale di ciascun atleta.