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Non ci sono più gli anziani di una volta

Il mondo sta invecchiando ma gli anziani non sono quelli di una volta: mangiano bene, hanno un buon livello di istruzione e capacità cognitive

5238549826_6670487358_zFUTURO – Il mondo sta invecchiando rapidamente. Secondo gli ultimi report delle Nazioni Unite, l’11% della popolazione mondiale ha più di 60 anni e le previsioni per il 2050 dicono che il numero salirà a circa il 22%.
D’altra parte questo non deve significare per forza che il mondo sarà popolato da persone sempre più vecchie. Secondo i ricercatori Warren Sanderson e Sergei Scherbov dell’International Institute for Applied System Analysis (Austria) tutto dipende dalla definizione e dal concetto di anzianità. E dall’aspettativa di vita di colui che oggi è definito anziano. Anzi, secondo i risultati emersi dal loro lavoro e pubblicati su Plos One, maggiore è la prospettiva di vita più lento è l’invecchiamento della popolazione.

«L’inizio della vecchiaia è importante perché spesso è usato come indicatore di una maggiore disabilità e di una minore partecipazione della forza lavoro», spiega Sanderson. «Quando studiamo diversi paesi e diverse epoche, è fondamentale adattare al contesto quello che noi consideriamo l’inizio della vecchiaia, sia per la comprensione scientifica della popolazione sia per formulare politiche coerenti con la nostra situazione demografica attuale».

Dal punto di vista medico e sociale, il limite dell’età adulta, e quindi la soglia di anzianità, è fissato a 65 anni. E ciò in base a una stima del secolo scorso sull’aspettativa di vita, secondo la quale la speranza di vita di un 65enne è quantificata in ulteriori 10 anni. Indipendendemente da dove, come e quando quella persona vive. Gli anziani però stanno cambiando. In generale, vivono più a lungo e hanno buone funzionalità cognitive grazie a una migliore nutrizione, igiene, assistenza sanitaria, istruzione e benessere economico.

I due studiosi hanno perciò fondato il loro lavoro su una nuova visione di invecchiamento, molto più dinamica rispetto alle definizioni tradizionali, e su un concetto di età che tiene conto del numero previsto di anni rimasti da vivere e non del tempo trascorso dalla nascita. «Le misure convenzionali sull’invecchiamento di una popolazione non funzionano più perché si basano ancora sul fatto che le caratteristiche degli anziani non sono mai cambiate e non cambieranno nel futuro», commenta Scherbov.

Nella loro ricerca, Sanderson e Scherbov hanno utilizzato le ipotesi sui tassi di natalità, morte e migrazione per i prossimi decenni e le loro variazioni nel tempo per calcolare cosa accadrebbe all’invecchiamento, in termini di popolazione, se l’aspettativa di vita aumentasse o continuasse ad aumentare. In particolare, sono stati esaminati tre scenari futuri per la popolazione europea, da nessun aumento dell’aspettativa di vita fino a un aumento di circa 1,4 anni per decennio, livello previsto dall’European Demographic Datasheet del Wittgenstein Center.

I risultati mostrano che se si usano misure di età adattate al tempo e al luogo di nascita, l’invecchiamento della popolazione è più lento. Se invece si continuano a classificare come “vecchie” le persone dopo i 65 anni di età allora l’invecchiamento della popolazione sarà inevitabilmente molto rapido. In altre parole, basandosi su valutazioni più realistiche dell’età della popolazione, all’aumentare la durata della vita non aumenterà la durata della vecchiaia ma piuttosto si diventerà anziani più tardi.

«L’invecchiamento della popolazione porta indubbiamente con sé delle sfide», conclude Sanderson, «ma sarebbe più facile superare queste sfide se la progettazione di politiche economiche e sociali si basasse su valutazioni più realistiche di ciò che queste sfide veramente comportano».

Leggi anche: Parlare più lingue rallenta l’invecchiamento

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Moyan Brenn, Flickr

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.