Doctor Strange, supereroe fra scienza e misticismo
L'eroe dei fumetti Marvel è interpretato da Benedict Cumberbatch, alle prese con le arti magiche per salvare il pianeta
STRANIMONDI – Il mondo cinematografico di Marvel voleva aprirsi al soprannaturale e al misticismo: per farlo ha puntato su Doctor Strange, personaggio tratto dal fumetto creato da Steve Dikto negli anni Sessanta. Così, se gli Avengers proteggono la terra da minacce fisiche, ecco che Strange la protegge da minacce di altra natura: quelle spirituali o mistiche.
Il film diretto da Scott Derrickson si confronta con alcuni recenti classici della cinematografia: città che si accartocciano su se stesse (Inception), guru che inseriscono un neofita in una setta e che combattono con tecniche peculiari (Matrix), spazio e tempo da piegare a proprio piacimento, magie nel pieno centro di Londra (Harry Potter), un’estetica visiva impressionante (Avatar).
La prima scena inoltre sembra uscita dal Nome della rosa di Umberto Eco. Alcuni monaci prendono d’assalto una biblioteca per rubare pagine da libri molto antichi, chiusi da catenacci di ferro, simboli di una sapienza proibita, da tenere nascosta perché altrimenti pericolosa. Una caratteristica tipica del misticismo e della magia antica e rinascimentale dei filosofi-maghi, secondo cui il sapere può essere tramandato solo a pochi seguaci. Subito dopo la scena della biblioteca gli eventi proseguono in una sequenza di combattimento che richiama sia le geometrie oniriche di Inception, con edifici e vie che si piegano e si deformano l’una sull’altra, sia quelle escheriane delle scale di Hogwarts in Harry Potter. Un antefatto ad alto ritmo e visivamente superlativo, dove i personaggi combattono emettendo raggi luminosi e armi d’energia: quasi una fusione, ottimamente riuscita e per nulla trash (il rischio c’era), tra le arti marziali di Matrix e le onde di energia di Dragon Ball.
Dopo aver visto il piano mistico ci spostiamo in un ambito ben più comune, ovvero le corsie di un ospedale, dove facciamo conoscenza con il protagonista, il dottor Stephen Strange, neurochirurgo di fama mondiale. A interpretarlo uno degli attori più considerati del momento, ovvero Benedict Cumberbatch. Il protagonista dovrà presto fronteggiare eventi drammatici che lo costringeranno a cambiare vita, a riconsiderare se stesso e le sue convinzioni e, nel tentativo di ottenere un’improbabile guarigione dopo un grave incidente, ad aprirsi a una conoscenza altra, più profonda, irraggiungibile con la ragione.
Esattamente come Neo con Morpheus in Matrix, Strange esplora la tana del Bianconiglio grazie agli insegnamenti dell’Antico (Tilda Swinton) e di Mordo (Chiwetel Ejiofor). L’inizio non è confortante: le abilità magiche di Strange sono piuttosto approssimative, finché qualcosa cambia. In un dialogo con il buffo bibliotecario Wong – c’è spazio anche per una sottotrama comica efficace e non pacchiana – Strange afferma che per arrivare ad eccellere nelle arti mistiche studierà e farà pratica assiduamente, così come aveva fatto in passato per diventare neurochirurgo. Medico o sacerdote supremo, non importa: occorre studiare e far pratica, far pratica e studiare. In questo magia e scienza non differiscono: il metodo è sempre quello, sono gli ambiti di studio a essere diversi così come diverse sono le facoltà che occorre allenare. La razionalità va utilizzata nel mondo fisico, lo spiritualità in quello mistico.
Una volta conosciuto il mondo mistico e le sue regole, Strange e lo spettatore sono pronti a entrare nel vivo della narrazione, che per ragioni di tempo si fa serrata, forse troppo. Alcuni tempi appaiono leggermente troppo veloci. Strange passa da mediocre a potentissimo stregone in breve tempo, così come breve è lo svolgimento della trama principale: un ex allievo dell’Antico, Kaecilius (Mads Mikkelsen), che all’inizio del film aveva assalito la biblioteca, ha intenzione di facilitare la conquista della Terra a Dormammu, una sorta di semidio conquistatore che vorrebbe assorbire il nostro pianeta all’interno del suo regno.
In questo la trama per certi versi assomiglia a quella di un altro film Marvel, ovvero I fantastici quattro e Silver Surfer, che curiosamente condivide con Doctor Strange anche l’ambientazione della scena finale, ovvero una metropoli asiatica: Shanghai per i Fantastici Quattro, Hong Kong per Doctor Strange.
Il film di Derrickson funziona molto bene, sorretto da un cast di prim’ordine: basti pensare che l’ottima Rachel McAdams (True Detective, Sherlock – Gioco di ombre) è confinata a un ruolo importante ma a conti fatti minore e a un minutaggio decisamente scarso. Dal canto suo, Cumberbatch non sbaglia un colpo, anche perché sin dall’inizio il personaggio mostra molte affinità con il suo Sherlock. Contesto e ambientazione sono talmente affascinanti e ben resi sul piano visivo ed estetico da rendere ininfluenti le inevitabili forzature di alcuni passaggi. Tutto lascia presagire che questo sia solo il primo episodio di una saga: attendendo il prossimo film, rimanete in sala fino alla fine dei titoli di coda, dove vedrete una scena che può dire molto su come proseguirà la storia.
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