STRANIMONDI

Esplorazione e ricerca sui tavoli da gioco

Ci sono eventi ricchi di spunti per noi appassionati di Stranimondi e Play è senza dubbio uno di essi.

A Play non ci sono solo giochi già pubblicati ma anche prototipi che gli autori portano in fiera per farli provare e raccogliere opinioni sugli ultimi aggiustamenti da apportare a regole o grafica. Crediti immagine: Michele Bellone

STRANIMONDI – La più importante fiera italiana dedicata ai giochi, tenutasi a Modena dal 6 all’8 aprile, ha festeggiato quest’anno la sua decima ricorrenza con un’affluenza record di oltre 40 mila visitatori e un’edizione arricchita da Play Kids, l’area dedicata alle famiglie con bambini piccoli, e da Play Trade, lo spazio riservato agli attori professionali del settore. Proprio nel corso di Play Trade abbiamo avuto occasione di parlare con diversi editori e autori a proposito del rapporto fra scienza e giochi da tavolo.

“Sono molto interessato ai giochi dove il tema scientifico non si limita a un’ambientazione slegata dalle regole ma diventa uno spunto per rendere l’esperienza ludica più verosimile”, ci ha raccontato Mario Sacchi di Post Scriptum. Due ottimi esempi di questo interesse sono S.P.A.C.E. – realizzato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, come avevamo raccontato in una precedente puntata di Stranimondi – e Kepler-3042 di Simone Cerruti Sola, distribuito da Placentia Games, di cui Post Scriptum ha curato l’edizione e la campagna Kickstarter che ha raccolto più di 20 mila euro per la sua realizzazione. “Kepler-3042 è un gioco di tipo gestionale incentrato sull’esplorazione e la colonizzazione dello spazio. C’è quindi una componente fantascientifica ma abbiamo voluto dargli anche una buona verosimiglianza scientifica e per farlo ci siamo rivolti ad Adrian Fartade. Da tempo mi sarebbe piaciuto collaborare con lui e Kepler-3042 è stata l’occasione perfetta”. In un video sul suo canale YouTube, Fartade racconta alcuni degli elementi scientifici che si ritrovano nel gioco, che compaiono anche nel libretto che ha scritto e che accompagna le regole.

“Quello che abbiamo notato negli anni, trattando prodotti a tema scientifico, è che c’è una grossa separazione fra gli aspetti di gioco, cioè quelli legati all’intrattenimento puro, e gli aspetti divulgativi. Per esempio, ci sono stati giochi che simulavano il lancio di missili nello spazio ma avevano una certa pesantezza dal punto di vista regolistico, perché cercavano di riprodurre una vera simulazione di lancio e tendevano quindi a diventare prodotti di nicchia”, ha detto Mario Cortese di GateOn Games. “Un gioco nel quale ci sia una buona alchimia fra la componente ludica e quella divulgativa sarebbe una pubblicazione senz’altro interessante da fare. Ci vorrebbe un argomento scientifico di interesse generale al quale affiancare un game design che sia fresco e moderno, che non appesantisca il gioco”.

Un altro editore che ha dato spazio a giochi a contenuto scientifico è senz’altro Pendragon, che nel 2015 ha pubblicato Apollo XIII (anche di questo abbiamo già parlato). “Ci piace realizzare giochi che siano ben ambientati, dove quindi regole e atmosfera siano collegate. Per noi, inoltre, è importante diversificare la tipologia di prodotti per raggiungere pubblici diversi e non solo gli appassionati di giochi fantasy o di astratti o di giochi german con ambientazioni appiccicate. Apollo XIII, per esempio, è esposto al museo del volo di Volandia a Varese”, ha spiegato Massimo Rizzoli di Pendragon. “Nella fascia dei giocatori fra i 20 e i 40 anni è facile trovare persone laureate o che si stanno laureando in discipline scientifiche, che quindi possono essere interessate a giochi che affrontano gli argomenti ai quali sono appassionati”, ha detto Luca Feliciani, game designer per Pendragon che a Modena ha portato il suo nuovo gioco Odissea.

Fra i vari titoli che questo editore ha presentato a Play c’è l’edizione italiana di First Martians, nel quale i giocatori devono collaborare per risolvere diverse missioni di esplorazione del Pianeta Rosso. A conferma di un trend, quello dell’esplorazione spaziale, molto gettonato negli ultimi anni, anche grazie ai tanti film e libri che lo hanno raccontato.

Ma la scienza nei giochi non è solo ambientazione.

“Ci sono anche giochi che si appoggiano su meccanismi logici e matematici anche quando l’ambientazione non è scientifica e, in generale, tutta la parte di game design di un gioco ha a che fare con la matematica”, ha raccontato Rizzoli. “Per l’Odissea abbiamo sviluppato un piccolo software per mettere alla prova la componente matematica del gioco. Non simula alla perfezione i giocatori umani ma ci è servito per portare all’estremo alcune situazioni di gioco e vedere se sono bilanciate”, ha aggiunto Feliciani.

A Play non ci sono solo giochi già pubblicati ma anche prototipi che gli autori portano in fiera per farli provare e raccogliere opinioni sugli ultimi aggiustamenti da apportare a regole o grafica. Uno di essi è Newton, ideato da Simone Luciani e Nestore Mangone, che Cranio Creations pubblicherà a ottobre.

“Sia io sia Simone siamo appassionati di storia della scienza e crediamo che sia un argomento perfetto da portare sul tavolo da gioco, anche perché secondo me c’è molto interesse da parte dei giocatori per temi di tipo scientifico”, ha detto Mangone, dopo una partita di prova al suo boardgame. “Molti giochi gestionali richiedono un approccio analitico e quindi una forma mentis simile a quella del metodo scientifico. Che si concretizza in un percorso creativo dal punto di vista dell’autore, e in uno tattico-strategico da quello del giocatore”.

In Newton, i giocatori hanno a disposizione diverse possibilità per guadagnare i punti necessari per vincere: possono viaggiare fra le grandi città europee, studiare per riempire la loro biblioteca, lavorare per guadagnare i soldi necessari a finanziare le loro ricerche o usare le loro influenze accademiche per ottenere nuove carte e così arricchire le loro possibilità di azione. “Oltre alla passione per la storia della scienza, l’ispirazione di questo gioco nasce da L’opera al nero di Marguerite Yourcenar, che mi ha fatto venir voglia di un gioco nel quale l’aspetto accademico della scienza si mescola a quello avventuroso, dei viaggi e della ricerca di libri e conoscenze”, ha concluso Mangone.

Esplorazione, studio e ricerca sono caratteristiche anche di un altro prodotto presentato a Play e ancora in fase di realizzazione: Shattered Tower, un gioco di ruolo italiano che è stato lanciato su Kickstarter l’11 aprile e nel giro di ventiquattro ore ha raggiunto la soglia di finanziamento richiesta.

Il gioco è ambientato su un pianeta dominato dalla natura e da potenti creature che tengono sotto controllo i discendenti degli antichi colonizzatori umani, la cui civiltà un tempo avanzata è ora caduta in rovina. “Il pianeta di Tyntyr è governato da una forma di energia senziente personificata da creature che si erano opposte al dilagare degli umani invasori ma che, nel tempo, si sono adattate alla loro presenza in un processo di co-evoluzione”, ha raccontato Andrea Macchi, uno degli autori del gioco.

I giocatori si caleranno nei panni di alcuni membri delle comunità sopravvissute, che si avventurano nei territori inesplorati del pianeta per scoprire il più possibile sulla natura che li circonda e sul passato della loro civiltà. “Più che sul combattimento contro le minacce di un mondo ostile, abbiamo scelto di focalizzare l’esperienza di gioco sulla raccolta di informazioni su queste minacce”, ha spiegato Macchi. “Per rendere credibili gli ambienti da esplorare ci siamo ispirati alla realtà e abbiamo fatto diverse ricerche sulla biologia di animali e piante, concentrandoci sugli organismi più peculiari che esistono in natura. Abbiamo fatto lo stesso per la loro classificazione, creandone una simile a quella scientifica che usiamo per descrivere piante e animali reali, ma che fosse adatta al tipo di mondo in cui è ambientato il gioco”.

Niente Linneo e niente nomi latini – che in effetti sarebbero sembrati fuori luogo in un pianeta post-apocalittico e diverso dalla nostra Terra – ma una serie di criteri dettati dalle esigenze pratiche di conoscenza e sopravvivenza degli esploratori.

Di scienza nei giochi, insomma, ce n’è molta. Soprattutto in fase di progettazione e sviluppo di un sistema di regole, ma anche come tematiche o addirittura spunti per rendere più verosimile un’ambientazione fantastica. In questo senso, esplorazione e ricerca risultano essere due concetti chiave nel passaggio da libri e laboratori ai tavoli da gioco.

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Michele Bellone
Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione della scienza in diversi ambiti. I principali sono la dissemination di progetti europei, in collaborazione con Zadig, e il rapporto fra scienza e narrativa, argomento su cui tengo anche un corso al Master di comunicazione della scienza Franco Prattico della SISSA di Trieste. Ho scritto e scrivo per Focus, Micron, OggiScienza, Oxygen, Pagina 99, Pikaia, Le Scienze, Scienzainrete, La Stampa, Il Tascabile, Wired.it.