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Dal Molise la mia lotta contro il Pemfigo

La storia di Giuseppe e di una malattia autoimmune invalidante ma dai pochi diritti: può colpire chiunque, a qualsiasi età.

Giuseppe Formato e Carola Pulvirenti, presidente e vice-presidente di ANPPI, l’Associazione Nazionale Pemfigo/Pemfigoide Italy.

Il Pemfigo è una di quelle malattie rare che in Italia, pur essendo note da tempo, hanno meno diritti di altre. Se soffri di questa malattia autoimmune e vivi in aree d’Italia dove non ci sono strutture con reparti specializzati in grado di seguirti devi spostarti, sobbarcandoti i costi di questi viaggi della speranza. Anche qualora tu riceva una diagnosi confermata di Pemfigo, parte della spesa per il cortisone è a tuo carico. Così come le costose analisi del sangue per confermare il sospetto del medico e quelle che una volta diagnosticato devi eseguire almeno due volte l’anno.

Una diagnosi difficile, la storia di Giuseppe

La storia di Giuseppe Formato è emblematica. È l’estate del 2016 quando si accorge della presenza di alcune piccole lesioni sul capo, che non se ne vanno. Giuseppe si reca dal suo medico che lo indirizza da un dermatologo vicino a casa, in Molise. Il medico attribuisce questa manifestazione allo stress e gli prescrive una pomata, che però non sortisce alcun effetto. La seconda opzione è che si tratti di psoriasi, perché nel frattempo Giuseppe continua a peggiorare. Ma non è nemmeno psoriasi: le lesioni sono sempre di più, sempre più profonde e aperte. Passa il tempo, Giuseppe si imbottisce di antibiotici ma il problema non accenna a diminuire e a fine anno, dopo cinque mesi, la situazione è insostenibile.

“Io faccio il giornalista e non potevo più lavorare. Il disagio rispetto alle altre persone era enorme, anche perché non sapevo nemmeno cosa dire loro, quale fosse il mio reale problema, e si sa che il primo pensiero delle persone davanti alle piaghe è avere timore che si tratti di qualcosa di contagioso”. Si percepisce distintamente dalla voce il dramma che ha vissuto Giuseppe, non potersi dedicare per mesi al suo amato lavoro senza alcun riconoscimento, alcun supporto economico, alcuna prospettiva certa.

La situazione in pochi mesi è diventata drammatica. Il medico decide che è il caso di eseguire delle analisi più approfondite e Giuseppe si reca presso una clinica di Napoli per sottoporsi a particolari analisi agli anticorpi, che in Molise nessuna struttura aveva i mezzi per fare. Costo: 200 euro. “Subito la prima delusione: l’analisi del sangue dà esito negativo: non sembra essere Pemfigo. I valori dei miei anticorpi sono perfettamente nella norma. Meno male non mi sono dato per vinto e dopo due settimane abbiamo eseguito la stessa analisi presso l’Ospedale IDI di Roma, che ha dato esito positivo. Avevo finalmente il nome della mia malattia, ma nel frattempo la situazione si era aggravata terribilmente”.

Nella fase critica della malattia, per diversi mesi, Giuseppe assumerà 50 milligrammi di cortisone al giorno. Dosi enormi, se pensiamo che per problemi meno gravi il dosaggio è di circa un milligrammo al giorno. Oggi lo stesso Giuseppe, che sta riuscendo a tenere sotto controllo la malattia e che ha solo un paio di piccole bolle ancora sul capo, ne assume 20 milligrammi ogni due giorni.

Prognosi indefinibile

Il Pemfigo è una malattia bollosa autoimmune della cute e delle mucose, che può colpire chiunque, a qualsiasi età, e che non ha purtroppo una prognosi definibile. Il malato non sa se, quando e quanto potrà migliorare. Non sa se può sperare in una remissione totale, o se dovrà convivere con periodiche fasi critiche. Non sa se potrà affidarsi al cortisone – cura attualmente proposta in combinazione con gli immunosoppressori, con i noti effetti collaterali.

“Il problema è che i medici di base non sono molto preparati sulla malattia e i centri che se ne occupano non sono molti in Italia. Io mi reco a Roma dal Molise, sempre a spese mie, almeno una volta al mese, ma quando la situazione è critica anche una volta alla settimana” mi racconta Giuseppe. “Io sto bene tutto sommato, dopo la fase critica dovuta ai cinque mesi di ritardo nella diagnosi dove ero talmente pieno di bolle da non poter lavorare.”

Eppure la domanda di invalidità di Giuseppe, presentata nei mesi più drammatici per lui, dove non c’era la certezza che le cose potessero andare meglio, a Campobasso non è stata accolta, perché la malattia al momento non rientra nei criteri ministeriali. “Manca completamente la tutela per noi malati. Io sono stato e sono relativamente fortunato rispetto ad altri malati che sono ricoperti di bolle, una situazione simile a chi ha ustioni molto gravi sull’80% del corpo, oppure a chi ha lesioni sulle mucose interne, che possono provocare danni gravi all’organismo. La diagnosi tempestiva è cruciale, ma lo è anche sentirsi tutelati e non lasciati a se stessi. Ci sono persone che vivono un forte disagio anche psicologico legato alla forma estetica della propria malattia”.

La principale risorsa per chi scopre di soffrire di questa malattia è l’Associazione Nazionale Pemfigo, che dal 1 gennaio 2019 ha avviato uno “sportello di ascolto psicologico” rivolto ai nostri associati e alle loro famiglie. Il servizio è attivo al numero 3921221642 e all’indirizzo e mail sportelloascolto.anppi@pemfigo.it.

“Io sono fortunato perché sono giovane, ho i mezzi per informarmi, seguire le ultime novità anche in termini di cure, e per spostarmi. Ho ricevuto dalla diagnosi delle cure che mi hanno permesso di tenere sotto controllo la malattia permettendomi una vita vicina a quella che avevo prima. Ora spero in un prossimo futuro di poter rientrare nella sperimentazione farmacologica in corso presso l’Ospedale Gemelli. Non per tutti però è così, e l’associazione, in mancanza di un reale supporto da parte del sistema, anzitutto attraverso il riconoscimento in sede ministeriale, in questo senso svolge ancora un ruolo fondamentale”.


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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.