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Sarah Stewart, la donna che ha scoperto il legame tra virus e cancro

Microbiologa e medica messicano-statunitense, Sarah Stewart è stata la prima persona a dimostrare la connessione tra i virus e alcuni tipi di tumore

In Italia, secondo il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019, tutte le ragazze e i ragazzi tra gli undici e i dodici anni hanno la possibilità di vaccinarsi gratuitamente contro il papilloma virus (HPV), responsabile del cancro al collo dell’utero e di altre patologie trasmesse prevalentemente per via sessuale. La vaccinazione, assieme a una diagnosi precoce, rende oggi possibile contrastare in modo efficace questa forma di tumore. Eppure, fino a pochi decenni fa, gli scienziati non credevano che potessero esistere virus in grado di provocare il cancro e consideravano ridicola l’idea di un vaccino antitumorale. Non tutti, per fortuna.

Microbiologa e medica messicano-statunitense, Sarah Stewart è stata la prima persona a dimostrare in modo incontrovertibile il legame tra virus e tumori. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, con la collega Bernice Eddy, ha condotto una serie di esperimenti che hanno portato alla scoperta del cosiddetto polyomavirus. Se oggi esiste una disciplina chiamata virologia oncologica, grazie alla quale possiamo disporre dei vaccini antitumorali, lo dobbiamo anche a questo lavoro, definito “il passo in avanti più significativo nella ricerca sul cancro”.

Dall’economia domestica alla microbiologia

Sarah StewartFiglia di un americano e di una messicana, Sarah Elizabeth Stewart nasce nel 1905 a Tecalitlán, nel Messico centrale, dove vive fino all’età di sei anni. Nel 1911, poco dopo lo scoppio della rivoluzione che porterà alla fine della dittatura di Porfirio Díaz, la famiglia si trasferisce negli Stati Uniti. Sarah trascorre infanzia e adolescenza tra Oregon e Nuovo Messico. Ottenuto il diploma, si iscrive alla New Mexico State University di Las Cruces; ufficialmente le ragazze possono studiare solo economia domestica, ma in realtà hanno la possibilità di seguire gli stessi corsi dei colleghi maschi. Appassionata di scienze sin da bambina, Sarah non si lascia sfuggire quest’occasione e nel 1927, oltre a specializzarsi in economia domestica, consegue una laurea in scienze generali.

Dopo un anno da insegnante di economia domestica in una scuola superiore, decide di proseguire gli studi scientifici. Invia domanda presso tutte le università che accettano iscrizioni femminili e riesce ad accedere all’Università del Massachusetts di Amherst, dove nel 1930 si specializza in microbiologia. Dopo la laurea ottiene un incarico come batteriologa presso la Colorado Experimental Station di Fort Collins. Per tre anni studia i batteri che fissano l’azoto per una migliore resa delle colture, ma questo settore non la appassiona. Incuriosita dalle possibili applicazioni mediche della microbiologia, nel 1933 si iscrive alla School of Medicine dell’Università del Colorado e due anni dopo ottiene un incarico presso i National Institutes of Health (NIH). In questo periodo scrive vari articoli sui batteri anaerobici e prende parte allo sviluppo di un vaccino per la cancrena che si rivelerà prezioso durante la seconda guerra mondiale. Nel 1939 consegue un dottorato in microbiologia presso l’Università di Chicago.

Le prime ricerche e la laurea in medicina

Nel 1944, terminata la sua esperienza presso i National Institutes of Health, Stewart non ha dubbi: vuole dedicare il resto della sua carriera allo studio degli agenti patogeni che causano il cancro. La sua idea è che possa esserci una connessione fra certi tipi di tumore e i virus, ma quando chiede finanziamenti per avviare una ricerca in tal senso, sia l’NIH Laboratory of Microbiology che il National Cancer Institute (NCI) non prendono in considerazione la sua richiesta; i direttori dei due centri respingono l’idea che possa esserci un legame tra virus e cancro e ritengono che la donna, non essendo laureata in medicina, non abbia l’esperienza necessaria per condurre una ricerca di questo tipo.

Lungi dal desistere, Sarah Stewart decide di riprendere gli studi. Visto che le scuole di medicina americane non consentono alle ragazze di iscriversi come studentesse a pieno titolo, la donna accetta un posto presso la Georgetown University Medical School come assistente di batteriologia. Riesce così a frequentare gratuitamente i corsi di medicina e nel 1947, quando l’università accetta le donne anche formalmente, si trova già a un passo dalla meta. Nel 1949, all’età di 44 anni, è la prima donna a laurearsi in medicina alla Georgetown University. Per un anno lavora nel reparto di ginecologia di un ospedale di Staten Island, quindi ottiene un posto come direttrice medica per il servizio sanitario pubblico degli Stati Uniti. Presso il National Cancer Institute di Baltimora ha finalmente la possibilità di portare avanti le sue ricerche senza alcun impedimento.

La scoperta del polyomavirus

All’inizio degli anni Cinquanta, l’immunologo Ludwig Gross aveva condotto degli esperimenti sui topi che lo avevano portato a ipotizzare la connessione fra un particolare tipo di “agente oncogeno” e la leucemia. Dopo aver iniettato una soluzione estratta dai topi malati nel corpo di topi appena nati, aveva appurato che anche questi ultimi si ammalavano.

Colpita da questa ricerca, Stewart contatta la virologa Bernice Eddy e le propone di replicare l’esperimento. Il risultato è sorprendente: anziché ammalarsi di leucemia, i topi sottoposti a trattamento sviluppano un tumore della ghiandola parotide. Le due scienziate scoprono che il misterioso agente oncogeno è in grado di causare ben venti diversi tipi di tumore nei topi e potenzialmente in altri mammiferi. All’inizio non si sbilanciano, ma nel 1957 – dopo aver condotto numerosi altri esperimenti – pubblicano un articolo in cui affermano che l’ipotesi più ragionevole è che la causa dei tumori sia un virus. Su suggerimento di Eddy, si decide di chiamarlo polyoma, che letteralmente significa “molti tumori”. In seguito sarà ribattezzato polyomavirus SE (Stewart-Eddy).

La comunità scientifica non può più far finta di niente; Stewart aveva ragione, ciò che fino a pochi anni prima appariva assurdo e ridicolo è adesso definitivamente dimostrato. Si tratta di una svolta epocale. Nel 1959 il lavoro di Stewart e Eddy ottiene la copertina del Time; John Heller, all’epoca direttore del National Cancer Institute, dichiara alla rivista che la scoperta del legame tra virus e tumori è “il passo in avanti più significativo nella ricerca sul cancro”.

Gli ultimi anni

Dopo la scoperta, Stewart viene nominata direttrice medica del laboratorio di oncologia del National Cancer Institute, dove continua a condurre ricerche sull’eziologia virale dei tumori. Nel corso della sua carriera ottiene numerosi riconoscimenti, tra cui il Federal Women’s Award, consegnatole dal presidente Lyndon Johnson nel 1965, e il prestigioso premio internazionale della Fondazione “Guido Lenghi e Flaviano Magrassi” dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Si ritira definitivamente dal servizio sanitario pubblico nel 1970, anno in cui ottiene una cattedra come professoressa ordinaria di patologia presso la Georgetown University.

Per ironia della sorte, dopo aver dedicato gran parte della sua vita alla ricerca sul cancro, Sarah Stewart muore per un tumore ai polmoni nel 1976. Affronta la malattia a testa alta, continuando a lavorare fin quasi all’ultimo giorno.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Wikimedia Commons

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.