Il gatto selvatico è davvero tornato?
Una storia incredibile, il felino scomparso dal Paese dopo anni di declino a seguito di una caccia intensiva sembra esser tornato inaspettatamente.
Un felino silenzioso, elegante e solitario, si gode un raggio di sole e poi va via leggiadro.
Questa è la scena immortalata per la prima volta dalle telecamere di Paolo Rossi e Nicola Rebora, due fotografi che hanno girato il primo docufilm dedicato al gatto selvatico.
“Emozioni forti sia al primo video risalente al 2018 sia all’ultimo di qualche settimana fa – racconta Paolo – il nostro lavoro va avanti, le emozioni non diminuiscono. Il protagonista è come uno spirito che aleggia e ci sentiamo privilegiati nel poter portare continue prove dell’esistenza di un fantasma dei boschi.”
Sulle sue tracce da qualche tempo, il “fotografo di lupi” Paolo Rossi, affiancato dal suo collega Nicola Rebora, ha deciso di dedicarsi a questa specie, per molto tempo non censita.
“Un completamento della mia professione; mentre il lupo con un po’ di impegno possono incontrarlo tutti, il gatto fa selezione tra i naturalisti. Non basta la fortuna e la costanza, ci vuole una profonda conoscenza dei boschi,” spiega Paolo Rossi.
Siamo sicuri si tratti di lui?
I video prodotti sono stati visionati e certificati anche da un esperto: “visto che io e Nicola Rebora siamo solo fotografi- dice Paolo- abbiamo preferito mandare, sin da subito, ogni video e foto al Dott Stefano Anile. Abbiamo inviato i dati gps di ogni video ed è stato proprio lui a spronarmi nella ricerca circa dieci anni fa quando, parafrasando, il Prof. Bernardino Ragni mi ha detto: “se non lo cerchi seriamente, non puoi dire che non c’è”.
È iniziato così il progetto Felis gatto servaego
Il primo film su questo misterioso animale è un breve documentario con solo immagini del gatto selvatico in libertà. Le immagini sono state realizzate dove nessuno lo aveva mai filmato prima: l’appennino ligure, una zona nella quale il gatto selvatico potrebbe aver sempre vissuto ma nascosto agli occhi degli studiosi. “Di fatto il film è un backstage sulla nostra piccola impresa”, commenta Paolo Rossi.
Per finanziare il documentario hanno scelto la strada del crowdfunding. In poche settimane, affidandosi all’affetto dei loro sostenitori, sono riusciti a raccogliere tutto il necessario per portare a termine quest’ardua opera.
Il documentario è stato già presentato in Anteprima al Dragun Pub di Camogli (Ge) con due serate tutte sold-out.
Il 21 agosto è stato celebrato invece a Voltaggio (Al) nell’ambito dell’ Attraverso Festival in collaborazione con il Parco delle aree protette dell’Appennino Piemontese.
Chi è quest’animale misterioso?
Territoriale ed elusivo, il Felis silvestris silvestris è una specie poco conosciuta con abitudini crepuscolari e notturne. Più grande del gatto domestico, ha un pelo relativamente lungo e soffice e una coda folta clavata con un apice nero contornata da anelli neri concentrici.
Cacciatore straordinario, rapido ed energico nel salto, caccia sia sul terreno che sugli alberi ed è dotato di un udito e di una vista eccellenti. Nelle ore diurne ama rifugiarsi negli anfratti del terreno o nelle cavità del sottobosco per poi uscire al tramonto e arrampicarsi in alto iniziando la sua ricerca. I suoi cibi preferiti sono piccoli mammiferi, rane o uccelli che cattura nei loro nidi.
Vive solitamente nei boschi di tutto il territorio Italiano, dalla Sicilia al Friuli. Per lunghissimi anni non è stato però avvistato nel tratto dell’Appennino piemontese e ligure, ma sembra che da pochissimo sia tornato a farsi vedere.
Non si vede, eppure c’è
“Non escludiamo che il gatto ci sia da sempre in Liguria. Potrebbe esser riuscito a passare inosservato sino ad oggi, ma occorre essere prudenti e attendere studi più approfonditi in merito. Noi siamo solo fotografi, cacciatori armati di macchina fotografica. Ci limitiamo all’essenziale, ovvero dimostrare che l’animale c’è e che ci sono vari soggetti in differenti vallate”, afferma Paolo Rossi.
Avvistare questo carnivoro in natura è difficilissimo
“In dieci anni di lavoro sul campo ho avuto la fortuna di vedere questo animale in diverse occasioni, sempre per pochi attimi sfuggenti, ma che hanno continuamente causato un tuffo al cuore. Uno degli episodi che mi è rimasto più impresso è stato quando mi son ritrovato a meno di 50 cm da un gatto selvatico”, racconta il Dott. Anile, studioso da ormai ben 15 anni di questa specie.
“Avevo iniziato da poco a percorrere un sentiero, con lo scopo di raccogliere gli escrementi di gatto per poi ottenerne il DNA, quando alla mia destra avevo notato un gatto accovacciato in mezzo all’erba secca. Ero convito che l’animale non godeva di buona salute. Impossibile pensavo, trovarsi così vicini a un gatto selvatico. A ogni modo, con ancora un piede sollevato in aria, avevo tentato di fare una foto. Per fortuna la macchina fotografica era già a tracolla, pronta per questa rarissima evenienza. Al movimento del braccio, il gatto aveva fatto due balzi coprendo 5 metri, sembrava di vedere una molla, non un gatto. Appena il mio piede, rimasto in aria, aveva raggiunto terra, a circa due metri da me un coniglio faceva capolino. Anche lui mi guardava, ma con sguardo diverso da quello del gatto…”, continua il Dott. Anile. “Non dimenticherò mai il suo sguardo. Esprimeva tutta la sua contrarietà nei miei confronti, poiché mi trovavo in quel luogo in quel momento”, prosegue il Dott. Anile.
Come riconosciamo un gatto selvatico e quali sono le differenze con quello domestico, sia fisiche che comportamentali?
“Posso spendere fiumi di inchiostro su questo argomento, ma mi limito a dire due cose sulle differenze tra gatto selvatico e domestico”, commenta il Dott. Anile. “In primis, il corretto riconoscimento di questa specie (specialmente in natura) è alquanto difficile, anche per i più esperti zoologi. In seconda battuta, il pattern del mantello del gatto selvatico (l’insieme delle strie, “marchi” e regioni corporali, che ne caratterizzano il mantello), è inconfondibile quando osservato da occhi esperti e in maniera adeguata. A livello caratteriale, il gatto selvatico tende ad evitare gli incontri con gli uomini (come dargliene torto?)”, spiega il Dott. Anile.
Il gatto selvatico ha dunque un aspetto simile al gatto domestico, ma quest’ultimo (Felis catus) non discende dal gatto selvatico europeo (Felis silvestris). A livello genetico, il ceppo d’origine dei gatti domestici è il gatto selvatico africano (Felis lybica) che, già addomesticato, è arrivato in Italia ben 2000 anni fa.
Stiamo davvero assistendo ad un ritorno?
Dal 2018 gli avvistamenti sono sempre più comuni. “Il gatto selvatico se non disturbato, quindi cacciato illegalmente, riconquista spontaneamente gli habitat ottimali. Data la mancanza di studi scientifici condotti su questa specie in Liguria, non è possibile dire con certezza che stiamo assistendo ad un ritorno. La specie è infatti molto elusiva. Non sarei affatto sorpreso se una piccola popolazione fosse riuscita a sopravvivere in Liguria: futuri studi genetici potranno smentire o confutare tale ipotesi. Non è possibile fare stime attendibili su quanti gatti selvatici siano presenti in Europa o in Italia”, chiarisce il Dott. Anile.
“L’unica cosa che si può dire con relativa certezza, è che in condizioni ottimali, habitat ideali e prede abbondanti, la densità tipica di questa specie è di tre individui ogni 10 km quadrati”, conclude il Dott. Anile.
Dopo il film anche il libro
Un libro fotografico che si intitolerà come il film “Felis – gatto servaego”, uscirà questo autunno. Avrà come protagoniste alcune foto esclusive che nel film non vengono mostrate. Uscirà in edizione limitata, con le foto di Paolo Rossi e di Nicola Rebora. Ci saranno dei brevi testi, scritti a tre mani dai due fotografi e dal filosofo Dario Casarini.
La grafica del libro invece, sarà poeticamente curata da Mattia Parodi, collega di Rossi e Rebora. All’interno si troverà inoltre, una scheda sul gatto selvatico redatta dal Dott. Stefano Anile. “Questa scheda è utile per chiarire la misteriosa vita del gatto selvatico europeo, animale splendido per il quale vale la pena vivere e morire”, afferma Nicola Rebora.
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