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Pausa pregiudiziale

CRONACA NERA - Shai Danziger e Liora Avnaim-Pesso dell'università Ben Gurion, nel Negev, e Jonathan Levav della Columbia University, a New York, hanno osservato per 50 giorni nell'arco di 10 mesi otto magistrati che esaminavano 1.112 richieste fatte da detenuti per ottenere la libertà provvisoria, gli arresti domiciliari o altre condizioni di detenzione. Hanno poi distribuito cronologicamente le decisioni prese in tre sessioni quotidiane, separate da una pausa-ristoro e da un'altra per il pranzo. La percentuale delle decisioni favorevoli ai detenuti calava dal 65% a zero per risalire al 65% subito dopo ogni intervallo e calare di nuovo. L'esito non cambiava nel caso dei recidivi potenziali e dei condannati che non seguivano un programma di riabilitazione, né variava con l'etnia e il sesso, le ore passate in aula a deliberare, la difficoltà dei singoli casi. L'unico fattore era il numero di casi che ogni giudice prendeva in considerazione durante la sessione: aumentavano di pari passo con la sua severità.