CRONACA

Il faraone fragile

L’esame del DNA di Tutankhamen svela particolari scabrosi sulla sua vita e famiglia

NOTIZIE – Difficile non associare il lavoro dell’antropologo molecolare a certe serie poliziesche tanto in voga, ma almeno in questo caso questa professione si rivela ancora più emozionante della fiction: Albert Zink – direttore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’Accademia Europea di Bolzano (EURAC) e Carsten Pusch dell’Università di Tubinga, in Germania, grazie all’analisi del DNA hanno ricostruito molti aspetti finora sconosciuti della vita di Tutankhamen, il mitico faraone-bambino, morto all’età di soli 19 anni.

Già da tempo si sospettava che “Tut” fosse un ragazzo di salute cagionevole. Nella tomba sono infatti stati ritrovati più di 100 bastoni da passeggio e molti rimedi medicinali (frutti, foglie e semi di piante medicinali), e la presenza di due feti imbalsamati ha fatto inoltre supporre che anche i suoi figli soffrissero di qualche forma di fragilità genetica. Lo studio pubblicato di recente sul Journal of the Medical Associaton offre oggi particolari ancora più sorprendenti.È stato un progetto pilota condotto da Zahi Hawass, direttore del “Supreme Council of Antiquities” de Il Cairo, e finanziato da Discovery Channel a rendere possibili queste scoperte.

Zink e Pusch oltre alla mummia del faraone ne hanno esaminate altre 10 conservate nella stessa tomba, confrontandole anche con i campioni prelevati da altre che non hanno alcuna relazione con la linea familiare di Tutankhamen. Non solo hanno eseguito un’analisi del DNA molto simile a quella che normalmente viene usata nelle indagini criminali o di paternità, ma hanno anche cercato sequenze di DNA provenienti dal patogeno della malaria.

Una volta individuate le sequenze tipiche della “famiglia Tutankhamen”, sono inziate le sorprese. Gli scienziati hanno inanzitutto individuato fra le altre mummie la nonna (Tyie) e il papà (la mummia identificata col codice KV55, probabilmente chiamato Akhenaten), e hanno anche scoperto che contrariamente alla leggenda, Tut non era figlio di Nefertiti. “Ora sono sicuro che non può essere Nefertiti, e quindi la madre del Re Tut è una delle figlie di Amenhotep III e Tyie – e sono cinque” ha commentato Hawass, che ora intende investigare più a fondo la questione.

Le sorprese non finiscono qui: i genitori di  Tutankhamen erano fratello e sorella, e questo spiegherebbe la fragilità del faraone. “Ci sono dicerie secondo cui anche la moglie di  Tutankhamen era sua sorella, o mezza sorella,” spiega Pusch. “ Se questo fosse vero avremmo almeno due generazioni che hanno contratto matrimoni consanguinei, e questo non è un bene.” Per ora non è possibile stabilire se anche la moglie del faraone era imparentata con lui, perché il materiale genetico disponibile è troppo frammentato e per ora non è ancora nemmeno chiaro sei i due feti fossero in effetti i figli del re.

Lo studio ha inoltre aggiunto dati preziosi per comprendere le cause della morte di Tut. Già nel 2005 Hawass aveva eseguito una tomografia assiale computerizzata (TAC, una sorta di radiografia molto dettagliata) sulla mummia, scoprendo un femore fratturato che avrebbe potuto causare l’infezione fatale. La TAC aveva inoltre evidenziato una necrosi ossea asettica giovanile che avrebbe potuto rendere Tutankhamen particolarmente vulnerabile e spiegherebbe i 130 bastoni da passeggio.

L’analisi genetica recente ha però individuato nell’organismo del re la presenza del patogeno della malaria tropica, la forma ancor oggi più violenta di questa malattia. Il faraone era dunque malato, e la frattura avrebbe compromesso ulteriormente il suo già traballante stato di salute. Il quadro che emerge del povero faraone non è dei più eroici: un ragazzo fragile, con malformazioni, e con probabili tare genetiche. Pusch e Hawwas ora continueranno il lavoro di ricerca ed è probabile che nel futuro emergano altri dettagli su Tutankhamen e la sua famiglia.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.