CRONACA

La pellicola perfetta

Scene sempre più serrate caratterizzano il cinema moderno: dipende forse dalle nostre funzioni cognitive?

NOTIZIE – Dalle origini del cinema a oggi i film sono cambiati parecchio, specie se si osserva il ritmo e la struttura. Un gruppo di psicologi della Cornell University ha voluto analizzare la relazione fra questa trasformazione e i meccanismi della cognizione umana. Si sono chiesti: cosa rende davvero piacevole una pellicola? I vecchi film infatti, scrivono James Cutting e colleghi, hanno un’atmosfera radicalmente diversa da quelli più recenti. Sempre secondo gli autori dell’articolo recentemente apparso su Psychological Science, quelli meno recenti sono più difficili da seguire e hanno un qualcosa di più artificiale rispetto ai più recenti (indicativamente quelli dal 1980 in poi). Che cosa provochi questa particolare sensazione non è semplice da determinare. Cutting e colleghi si sono soprattutto concentrati sull’attenzione dello spettatore: i film più recenti catturerebbero meglio il focus attentivo di chi guarda. La nostra attenzione infatti, come è noto in letteratura, difficilmente riesce a restare fissa per molto tempo e tende piuttosto a vagare.

Gli studi degli ultimi decenni, che si sono concentrati soprattutto sulla distribuzione dell’attivazione cerebrale hanno trovato che l’attività elettrica legata all’attenzione cognitiva mostra delle particolari regolarità. Gli scienziati parlano di “fluttuazioni 1/f”: il segnale elettrico apparentemente caotico nasconde pattern precisi, una sorta di ritmo nascosto in intensità del segnale e frequenza (nello spazio e nel tempo). Si tratta di concetti mutuati dalla teoria del caos, che vengono usati dagli scienziati per descrivere l’andamento di molti fenomeni in natura (dai terremoti, allo scorrere dell’acqua, all’attività elettrica del cervello). Queste fluttuazioni 1/f descrivono l’attività elettrica del cervello correlata all’attenzione. Cutting e colleghi sono andati a cercare questo stesso tipo di ritmi anche nelle pellicole cinematografiche e hanno trovato risultati sorprendenti.

Gli scienziati hanno preso in esame i 150 film più popolari dal 1935 al 2005, e hanno registrato la durata di ogni sequenza in ogni scena. Attraverso una formula matematica piuttosto complicata hanno trasformato questi dati in “onde” (come quelle cerebrali). I film dopo il 1980 sono quelli che si avvicinano di più alla “costante universale” delle fluttuazioni 1/f. In pratica con il passare del tempo c’è stata, secondo gli autori, una sorta di “selezione naturale cinematografica” che ha fatto in modo che le pellicole aderissero sempre di più a certi ritmi e strutture.

Secondo Cutting  questo processo è avvenuto in maniera inconscia: i registi non avrebbero scelto deliberatamente di aderire a questo stile ma il successo o insuccesso dei film li avrebbe guidati spontaneamente, attraverso l’imitazione reciproca. Dei film esaminati da Cutting e colleghi alcuni hanno raggiunto il ritmo 1/f quasi perfetto: fra questi troviamo “Gioventù bruciata”, “I 39 scalini” (1935, per la regia di Alfred Hitchcock), “La tempesta perfetta” (film del 2009 interpretato da George Clooney).

Può sembrare azzardato definire la piacevolezza di un film attraverso un parametro matematico, e probabilmente non è questo l’intento degli autori. Più che altro quello che emerge dal loro studio è l’esistenza di un certo percorso di adattamento nel ritmo dei film, che pare andare nella direzione dettata dalle nostre funzioni cognitive.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.