POLITICA – Mentre si resta aggrappati al filo di speranza di una marcia indietro del governo (la mancanza di una versione ufficiale degli enti pubblici da abolire lascia aperto lo spiraglio che la partita sia ancora da giocare) negli istituti di ricerca monta la protesta. Dai tetti degli enti coinvolti sventolano da questo pomeriggio striscioni per denunciare lo smembramento indiscriminato previsto dal decreto legge. Domani i ricercatori, precari e non, sono pronti a scendere in piazza con il sostegno dei sindacati CGIL, CISL e UIL del comparto Ricerca. Il presidio sarà inchiodato venerdì 28 maggio a Montecitorio, davanti al Parlamento, dalle ore 10 alle ore 13 per manifestare contro i tagli ventilati ormai da due giorni. Senza conferme. Né smentite ufficiali.
“Tagli insensati e irrazionali, sia in termini economici che in termini di destinazione d’uso”, tuona Iginio Marson, il presidente dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste (OGS), centro di riferimento a livello internazionale, fondato nel 1958, e impegnato in prima linea negli studi delle variazioni climatiche dei mari, nella ricerca di risorse energetiche, nel monitoraggio dei fondali marini, nell’allerta dei rischi idrogeologici, come le frane. “E il nostro sarebbe un ente inutile?” si chiede Marson. “Incomprensibile, inoltre, dove sia il risparmio di una simile operazione, visto che il personale di ruolo sarebbe ricollocato mentre i precari che faticosamente portano avanti la ricerca verrebbero mandati a casa. E per cosa? Per pochi spiccioli da destinare alle missioni di pace? Semplicemente ridicolo”.
Intanto il presidente dell’INAF Tommaso Maccacaro fa appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In una lettera aperta nella quale si legge: “Il nostro Istituto, l’INAF, gode di un grande prestigio nazionale e internazionale come risulta dalla valutazione di miglior ente di ricerca per le scienze fisiche espressa dal CIVR (Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca). […] Non siamo considerati per ciò che produciamo ma solo per quanto costiamo, in un esercizio aritmetico di più e meno che prescinde dal valore e dal merito come se fossimo solo una spesa e non un investimento. Ci domandiamo poi dove sia il risparmio. L’INAF, pur sottofinanziato, ha una produzione scientifica tra le più importanti a livello mondiale; accorparlo ad un altro ente come il CNR manterrebbe gli stessi costi ma ne ridurrebbe l’efficienza e la funzionalità. Finiremmo inoltre per lasciare a casa i molti giovani talenti che operano nei nostri centri di ricerca in Italia e all’estero”.