COSTUME E SOCIETÀ

La scienza è inutile

Se le prove scientifiche abbattono i nostri stereotipi rimane un’unica cosa da fare: considerare la scienza stessa inutile.

Che cosa si può fare quando una prova scientifica rischia di minare le nostre convinzioni? Semplice, ci si tappa occhi e orecchie e si va avanti con la propria idea. Sembra un comportamento irrazionale, e lo è a tutti gli effetti, ma la natura umana spesso di razionale ha ben poco. È quanto emerge, se mai ce ne fosse stato bisogno, dallo studio condotto da Geoffrey Munro della Towson University (Maryland, Stati Uniti) e appena pubblicato sul Journal of Applied Social Psychology.

Interrogarsi sui meccanismi mentali che nonostante evidenti e oggettive prove contrarie portano a insistere nella propria testardaggine, non è una cosa nuova: nel 1957 Leon Festinger aveva teorizzato il concetto di consonanza e dissonanza cognitiva, secondo il quale un soggetto che vede le proprie convinzioni messe in pericolo (stato di dissonanza) cercherà di mantenere la propria coerenza limitando o annullando le evidenze contrarie al proprio pensiero.

Successivamente, nel 1979 un famoso lavoro sperimentale di Lord, Ross e Lepper ha evidenziato come le persone, messe davanti a delle prove che contrastano con le loro convinzioni (in quel caso la pena di morte) se non possono ignorarle cercheranno comunque di creare una personale giustificazione.

Ma cosa succede se ci si appella alla scienza per confermare le proprie credenze e ci si accorge poi di essere stati presi in giro?

È in buona sostanza ciò che ha fatto lo psicologo statunitense Geoffrey Munro: ha invitato un centinaio di studenti a partecipare a uno studio riguardante il giudizio sulla qualità delle informazioni scientifiche. Dopo aver verificato chi tra i partecipanti associava o meno l’omosessualità al disagio mentale, ha formato due gruppi. Al primo gruppo sono stati fornite cinque ricerche che confermavano la loro visione preesistente, pubblicazioni che, per esempio, spiegavano che rispetto alla popolazione totale, la maggioranza di chi segue una terapia psicologica è gay. Anche al secondo gruppo sono stati forniti gli stessi studi, in contrasto però con le loro convinzioni. (Solo alla fine, ai partecipanti è stato comunicato che le ricerche erano finte).

Come previsto, le persone che avevano ricevuto i paper contrari al loro pensiero, sono state più propense ad affermare che la scienza semplicemente non può essere usata per associare il disagio mentale all’omosessualità.

Proseguendo, i ricercatori hanno proposto un ulteriore set di domande, interrogando i partecipanti sull’utilità della scienza nell’approfondire in genere le cose più disparate e controverse: dall’esistenza della chiaroveggenza, all’efficacia delle sculacciate nella disciplina dei bambini, dall’effetto della televisione sul comportamento infantile, all’accuratezza dell’astrologia nel prevedere i tratti della personalità, passando per l’efficacia della medicina alternativa nel curare disturbi mentali e fisici.

Le persone con una preesistente visione stereotipata dell’omosessualità, sono risultate più propense a sostenere che la scienza non ha nulla da offrire, riguardo a tutti gli argomenti in generale.

In sostanza, i ricercatori hanno notato che, se vengono presentate prove scientifiche che contrastano con la personale visione delle cose, ci si aggrappa disperatamente alle proprie convinzioni, ritenendo inconsistente perfino la scienza nella sua totalità.

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