È stata scoperta una struttura che potrebbe essere la più antica e lontana antenata delle moderne galassie. Risale a circa 1 miliardo di anni dopo il big bang, contiene una quasar luminosa, una gran quantità di gas e ha un elevatissimo tasso di formazione di stelle.
NOTIZIE – Finora il più antico ammasso di protogalassie risale a circa 3,9 miliardi dopo il big bang. Secondo i modelli attuali questi sistemi dovrebbero a loro volta discendere da strutture ancora più vecchie, chiamate protoammassi di galassie, e costituiti da un insieme di galassie molto massicce impacchettate densamente insieme in una struttra gerarchica.
Questi oggetti sono lontanissimi e difficili da osservare, perché la loro radiazione arriva molto debolmente fino ai nostri strumenti di osservazione. Si suppone però che le galassie contenute all’interno di questi protoammassi dovrebbero risultare visibili come quasar e starburst, cioè zone con un elevatissimo tasso di formazione di nuove stelle e quindi molto luminose.
Un gruppo di astronomi europei e americani è oggi riuscito a identificare in modo chiaro la presenza di un protoammasso di galassie che risale a solo 1 miliardo di anni dopo il big bang, che corrisponde a circa 12,6 miliardi di anni luce dalla Terra, e si estende per oltre 13 megaparsec (circa 40 milioni di anni luce) nella costellazione del Sestante. COSMOS AzTEC-3, così è stato chiamato, è stato scoperto grazie a un ampio studio che utilizza osservazioni su tutte le lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico prese con COSMOS, un progetto che combina le osservazioni dell’Hubble Space Telescope e di telescopi a terra, su una zona di cielo molto ampia.
COSMOS AzTEC-3 contiene una quasar molto luminosa, una grande quantità di gas molecolare e molte stelle in formazione a un tasso cento volte superiore a una normale galassia. Queste proprietà concordano con le previsioni che si ottengono con le simulazioni di formazione di galassie fatte in base ai modelli attuali. È probabile, concludono i ricercatori, che da COSMOS AzTEC-3 evolverà effettivamente in un ammasso di galassie simile a quelli che sono già stati osservati a distanze più ravvicinate.
La ricerca è stata pubblicata su Nature (470, 233–235, 10 febbraio 2011, doi:10.1038/nature09681).