Ricercatori statunitensi hanno inventato un materiale biodegradabile che potrebbe rivelarsi utile per guarire i tessuti danneggiati
SALUTE – Fino a dove possono arrivare le nanotecnologie? Per ora, fin dentro il nostro corpo. Oddio, detto così sembra preoccupante. E invece no: proprio il contrario. Peter Ma, docente alla Scuola odontoiatrica dell’Università del Michigan, Stati Uniti, ha creato, insieme a Xiaohua Liu e Xiaobing Jin, un materiale biodegradabile che riesce ad autoassemblarsi in sferette in nanofibra cave: le sferette vengono ‘caricate’ con delle cellule – in pratica ogni cellula è rivestita da una sferetta – e poi iniettate nei tessuti danneggiate. Lì si biodegradano, ma le cellule che trasportano sopravvivono e formano nuovi tessuti.
“Le cellule che le sferette trasportano stimolano l’ambiente di crescita naturale della cellula: il nostro procedimento è un importante passo avanti per la riparazione dei tessuti”, sostiene Ma, autore insieme ai suoi colleghi di un articolo sulle sferette, pubblicato sull’ultimo numero di Nature Materials. “Riparare un tessuto è molto difficile, e la riuscita è limitata dalla mancanza di tessuti donatori”, continua Ma. Questa nuova procedura dà una speranza alle persone con alcuni tipi di danni alle cartilagini, per cui attualmente non sono disponibili cure; è anche un’alternativa al metodo clinico attualmente usato in questi casi, che prevede l’iniezione nel paziente stesso di alcune sue cellule, direttamente e senza mediazione. “La qualità della riparazione con questa tecnica non è però molto alta, poiché le cellule sono iniettate slegate tra loro, e senza un portatore che ne stimoli l’ambiente naturale di formazione”, afferma Ma.
Per Ma, “per riparare difetti complessi dei tessuti, occorre un portatore di cellule che sia iniettabile, in modo da arrivare a un risultato accurato e ridurre al minimo gli interventi chirurgici”. Affidandosi a una strategia biomimetica, il gruppo di Ma ha progettato una matrice cellulare – un sistema che copia la biologia e aiuta le cellule a crescere e a formare tessuti – con nanofibre biodegradabili.
Il ricercatore statunitense sostiene che le microsfere cave in nanofibra sono altamente porose, il che permette alle sostanze nutrienti per la cellula di entrarvi facilmente: le sferette imitano le funzioni della matrice cellulare del corpo. Inoltre, le nanofibre di cui sono fatte le microsfere non genererebbero molti prodotti di scarto che possano dare fastidio alle cellule.
Le sferette cave vengono combinate con delle cellule e successivamente iniettate nella parte danneggiata. Quando le sfere, leggermente più grandi delle cellule che trasportano, si degradano nella parte danneggiata, le cellule trasportate sono già state messe sulla buona strada per crescere, dal momento che le sferette forniscono loro un ambiente nutritivo propizio.
“Questo approccio ha avuto maggiore successo della matrice cellulare tradizionalmente usata per la crescita dei tessuti”, spiega Ma. “Finora non si era riusciti a rendere la matrice iniettabile, perciò non era stato possibile usarla per immettere cellule in lesioni dalle forme complesse. Durante i test col nuovo procedimento, si è visto che i tessuti riparati con le nanofibre crescono tre o quattro volte in più di quanto accadrebbe normalmente. Il prossimo passo è capire come il nuovo trasportatore di cellule funzioni negli animali, per poi passare agli uomini”.