CRONACA

Il peso della nicotina

Fumare sigarette riduce l’appetito e molti fumatori guadagnano parecchi chili di ciccia quando abbandonano il vizio della sigaretta. È tutta colpa dell’ipotalamo e oggi scopriamo il perché

NOTIZIE – Il fumo provoca la morte del 50% dei fumatori, lentamente, dopo anni di consumo e accumulo di danni all’organismo, provocando l’insorgenza di tumori, malattie croniche e cardiovascolari. Ma mediamente, i fumatori sono più magri dei non fumatori. Una nuova ricerca presentata sulle pagine di Science, rivela come la nicotina, il principio attivo delle sigarette, agisce sul cervello riducendo l’appetito. La scoperta mette in evidenza un bersaglio molecolare per lo sviluppo di nuovi farmaci per aiutare a smettere di fumare e per favorire la perdita di peso.

I risultati sono arrivati quasi per caso. La neuroscienziata Marina Picciotto della Yale University stava studiando gli effetti antidepressivi in seguito all’attivazione di un particolare recettore della nicotina, chiamato α3β4, presente sui neuroni POMC (pro-opiomelanocortin) dell’ipotalamo. Nei topi in cui questo recettore veniva stimolato da specifici farmaci (in questa ricerca è stata utilizzata la cytisina), si è notato un effetto collaterale inaspettato: i topi mangiavano di meno. Il segnale che le cellule inviano al cervello quando il famaco si lega al recettore è indistinguibile dal segnale che si propaga dopo un pasto abbondante. A due ore dalla somministrazione, i topi trattati hanno mangiato metà della quantità di cibo rispetto ai topi non trattati e il loro grasso corporeo è sceso in 30 giorni.

La scoperta dimostra che la nicotina non agisce solamente sui centri che regolano l’appagamento, ma si lega a specifici recettori cellulari che hanno effetti sull’appetito e sul senso di sazietà. Interruttori che dicono al cervello “basta cibo, ho mangiato a sufficienza”.

Adesso i ricercatori stanno ripetendo gli esperimenti su topi di sesso femminile, per valutare possibili effetti ormonali. Infatti, nelle donne, l’effetto anoressizzante della nicotina viene amplificato, così come anche l’aumento di peso quando smettono di fumare. Il passo successivo sarà di valutare possibili effetti negativi sulla pressione sanguigna, prima di passare a veri e propri trial clinici sull’uomo. I recettori α3β4 sono anche strettamente legati a quella che viene chiamata risposta “fight or flight“. Il termine è stato coniato da Walter Bradford Cannon, per descrivere una condizione fisiologica che il nostro organismo attiva per far fronte ad una minaccia aumentando ad esempio la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca per far fronte a una minaccia. Alterare l’attività di questi recettori con terapie farmacologiche potrebbe portare ad aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca e causare danni altrettanto gravi a quelli del fumo.

Ovviamente l’intento della ricerca non è di spingere a iniziare a fumare per aiutare la dieta dimagrante, ma scoprire i meccanismi molecolari su cui va ad agire la nicotina. I danni che il fumo provoca sono noti e  iniziative come il World no tobacco day cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema. Se il rischio di ingrassare è spesso un deterrente (o una scusa) per smettere di fumare, questo modello può suggerire nuove strategie per inibire l’appetito e sostituire l’effetto di ricompensa della nicotina, che gli ex fumatori cercano  nel cibo, soprattutto nei primi mesi.

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