Ascolta l’intervista a Ettore Fiorini sull’incidente nel sito nucleare di Marcoule
CRONACA – L’Autorità per la sicurezza nucleare l’aveva detto subito, dopo le prime indagini sul posto, che non c’era da aver paura. Ma quando scoppiano allarmi nucleari, come l’incidente avvenuto ieri mattina nell’impianto di smaltimento di scorie di Marcoule, in Francia, a poche centinaia di chilometri dai confini italiani, il tarlo s’insinua comunque. Diranno la verità? Ci si può fidare? Purtroppo, (e la centrale giapponese di Fukushima è l’ultimo esempio) in casi di questo tipo non sempre la trasparenza e la correttezza nelle informazioni sono state messe al primo posto. Stavolta è davvero come dicono. Nessuna “nube tossica”, neanche una minima fuoriuscita.Se ci fosse stata, non sarebbe certo sfuggita alla sensibilissima strumentazione in mano agli esperti dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, a Milano. È un “naso” estremamente più fine dei normali rivelatori che si utilizzano per valutare il rischio per l’ambiente o la salute.
Serve infatti a controllare che esperimenti in cui si cercano eventi fisici rarissimi, come la trasformazione dei neutrini, non siano contaminati dalla radioattività naturale. Per dire, basterebbe un semplice tocco delle mani (il sudore umano contiene potassio 40, debolmente radioattivo) per mandare in tilt il rilevatore. Ebbene, conferma Ettore Fiorini, professore di fisica dell’Università Milano Bicocca, associato dell’Infn, che si è occupato del monitoraggio, “non c’è stata c’è stata alcuna fuga radioattiva. Da ieri monitoriamo la situazione e non abbiamo trovato nulla di anomalo”. Curiosamente, però, il macchinario suona ugualmente l’allarme rosso. “Nell’aria aleggia ancora, dopo quasi 30 anni, cesio 137 sprigionato nell’esplosione di Chernobyl”
Le rilevazioni proseguiranno nei prossimi giorni perché, secondo Fiorini, il rischio non è scongiurato al 100 per cento. “Sarebbe tuttavia molto strano se l’incendio nel forno di Marcoule, grave in quanto tale, avesse però causato una dispersione di radioattività. La nostra è solo una misura di prudenza. Si deve dar ragione ai colleghi francesi quando dicono che l’allarme non sussiste. L’effetto – conclude Fiorini – credo sia più che altro psicologico”.