SALUTE – Il cancro al seno è una delle forme più comuni di cancro tra le donne: basti pensare che ogni anno è diagnosticato, nel mondo, a più di 450.000 donne. Per diagnosticarlo, vengono attualmente usate tecniche di imaging come la mammografia a raggi X e l’ultrasonografia, che si basano soprattutto sui cambiamenti morfologici del tessuto del seno, per distinguere tra un tessuto benigno e uno maligno. La sensibilità di questi due strumenti è però limitata, oltre a essere affetta da altri inconvenienti, come il rischio di falsi positivi o falsi negativi; inoltre, espone le donne a dosi di radiazione ionizzante che, per quanto basse e accettate come innocue, possono comunque presentare dei rischi.
Per queste ragioni, da qualche anno si stanno sviluppando metodi che sfruttano la luce rossa e infrarossa per visualizzare i tumori in maniera non invasiva, e ciò grazie soprattutto alla capacità di queste tecniche di fornire informazioni senza fare uso di radiazioni ionizzanti. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Twente e del Medisch Spectrum Twente Hospital di Oldenzaal, nei Paesi Bassi, ha recentemente completato la prima fase di sperimentazione di un nuovo dispositivo di imaging, basato sulla fotoacustica.
La fotoacustica sfrutta il contrasto nell’assorbimento di luce rossa e infrarossa tra tessuti benigni e maligni, fornendo in più una risoluzione superiore rispetto alle altre tecniche, grazie alla capacità di rilevare ultrasuoni. I risultati preliminari del gruppo, che ha lavorato con una dozzina di pazienti cui erano stati diagnosticati tumori maligni, sono stati riportati sulla rivista di libero accesso Optics Express, che fa capo alla statunitense Optical Society.
Alla base del dispositivo sviluppato nei centri olandesi, vi è la tecnica della mammografia ottica, attraverso cui si riescono a rilevare tumori maligni sfruttando la capacità dell’emoglobina di assorbire rapidamente le lunghezze d’onda della luce rossa (e infrarossa), il che permette di rivelare un contrasto netto tra le aree tumorali, dense di vasi sanguigni, e zone in cui la densità di vasi è nella norma. C’è tuttavia un problema di puntamento: risulta infatti ancora difficile ‘mirare’ ad aree specifiche da cui ricavare un’immagine.
Per migliorare questo aspetto, i ricercatori hanno combinato la capacità del sistema di distinguere tra tessuti benigni e maligni, con gli ultrasouni, per raggiungere una maggiore precisione di mira. Il risultato di questi miglioramenti è un nuovo strumento, il mammoscopio fotoacustico Twente (Pam), testato per la prima volta nel 2007.
Il dispositivo è incorporato in un letto d’ospedale, in cui la paziente giace in posizione prona, col seno leggermente compresso tra una lastra di vetro e un rivelatore di ultrasuoni. La luce laser effettua una scansione del seno: dal momento che i tessuti maligni assorbono la luce maggiormente degli altri, la temperatura nella zona aumenta leggermente. Con l’aumento della temperatura, l’espansione termica crea un’onda di pressione, rilevata dal rivelatore a ultrasuoni. I segnali fotoacustici che ne risultano sono quindi elaborati dal sistema Pam e ricostruiti in immagini, che rivelano eventuali aree di intensità anomale (tessuti tumorali) e aree di bassa intensità (tessuti benigni). Questa è una delle prime volte che la tecnica è stata sperimentata su pazienti con cancro al seno.
“La Pam necessita di miglioramenti tecnici prima di essere messa in commercio come strumento diagnostico”, ha dichiarato Michelle Heijblom, una delle ricercatrici. “Il prossimo passo della nostra ricerca sarà appunto progettare questi miglioramenti, e poi mettere alla prova la tecnica con la valutazione di tumori potenzialmente meno evidenti, o di tumori benigni”.
Crediti immagine: cortesia di Hank Grebe