CULTURA

Deterrenza divina

CULTURA – Nel dibattito sull’evoluzione delle religioni prevale per ora la tesi che favoriscano la coesione e l’ordine sociale. Ancora di più se Yahweh, Dio o Allah non è ritenuto benevolo, scrivono su PLoS One Azim Shariff dell’Università dell’Oregon e Mijke Rhemtulla dell’Università del Kansas.

In un recente esperimento, tra molti altri, i volontari cristiani che in precedenza avevano scritto per dieci minuti su un Dio punitivo baravano e rubavano meno di quelli che per tema avevano un Dio che perdona, il perdono umano, sulla repressione umana o un tema neutro. InEffetti divergenti della credenza nel Paradiso e nell’Inferno sui tassi nazionali di criminalità” hanno cercato di verificare la correlazione su grande scala.

Con le statistiche dell’ONU sulla criminalità, dagli omicidi al traffico di esseri umani al furto di automobili e allo spaccio/consumo di droga, i giovani psicologi Azim Shariff e Mijke Rhemtulla hanno combinato rilevamenti sui “tratti della personalità” e sulla credenza in Dio, nell’inferno e nel paradiso; densità abitativa; prodotto nazionale lordo; disparità di reddito e di genere; percentuale di popolazione imprigionata; aspettativa di vita e altri coefficienti.

Dopo un bel po’ di lavoro statistico per rendere i dati omogenei, il collegamento tra queste variabili (e co-varianti) e ciascun tipo di delitto è stato calcolato con una regressione lineare. Così, scrivono gli autori,

abbiamo trovato due relazioni uniche, robuste e affidabili tra credenza religiosa e tassi nazionali di criminalità…  la credenza nell’inferno è predittiva di tassi nazionali inferiori di criminalità e quella nel paradiso di tassi più elevati.

Si tratta di solo di correlazioni, precisano poco dopo, ma è “sorprendente” che

Nonostante variabili come la povertà e la disparità di reddito siano spesso ritenute determinanti, soltanto la credenza in Dio ha un effetto significativo sul tasso medio di criminalità superiore a quello delle credenze nel paradiso e nell’inferno. Per di più, nell’analisi di singoli delitti con queste co-varianti, le credenze nel paradiso e nell’inferno sono comunque emerse come i predittori più robusti di cinque dei dieci delitti.

Servono altre ricerche per valutare l’incidenza di altre variabili, dicono Azim Shariff e Mijke Rhemthulla che però sottolineano la plausibilità dei propri risultati: i credenti certi del castigo divino sono meno inclini alle trasgressioni dei credenti certi del perdono.

Sarà, ma gli Stati Uniti hanno la più alta percentuale di “criminali”al mondo: per i crimini censiti dall’ONU è detenuto o soggetto a misure repressive pre- e post-detenzione 1 adulto su 31, di cui 1 afro-americano su 11. Eppure la popolazione è credente al 78,4%, una percentuale che sale all’86,9% nella minoranza afro-americana.

Crediti immagine: dominio pubblico (Wikipedia)

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