CRONACA – I vertebrati sono emersi circa 500 milioni di anni fa a seguito di due ondate di “errori” di duplicazione genetica che hanno portato al raddoppiamento dei geni negli organismi invertebrati (in una specie simile all’anfiosso attuale) che hanno dato poi via alla linea evolutiva dei vertebrati (come noi). Questi raddoppiamenti che hanno creato copie diverse dello stesso gene (alcune perse rapidamete ma altre mantenute del corso della storia evolutiva) da un lato hanno migliorato i sistemi di comunicazione cellulare dall’altro però, come si legge in uno studio appena pubblicato su Open Biology, hanno aiutato certe malattie a sopravvivere alle pressioni selettive.Carol MacKintosh, dell’Università di Dundee, e colleghi hanno studiato un complesso di centinaia di proteine che nell’organismo umano coordinano la risposta cellulare ai fattori di crescita e all’insulina. L’analisi biochimica di un sottogruppo “chiave” di queste proteine ha dimostrato che risalgono alle duplicazioni del genoma, nel Cambriano.
Nel corso del tempo le proteine in questione si sono evolute per lavorare insieme e rispondere meglio al fattore di crescita di quanto farebbe una singola proteina. Le diverse copie infatti permettono di moltiplicare il segnale più volte. Questa “moltiplicazine” ha però un aspetto negativo. Se la proteina esistesse in una sola copia, la sua perdita comporterebbe la morte (e dunque non protebbe propagarsi attraverso le generazioni). Il fatto di avere più copie invece ha un risvolto “protettivo”: se più copie lavorano in gruppo e una subisce una mutazione, l’organismo potrebbe comunque sopravvivere e propagare il gene difettoso. Malattie con questo meccanismo potrebbero essere il diabete di tipo 2 e il cancro.
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