CRONACA

Taranto, inquinamento killer

CRONACA – A Taranto si muore di più. Di più per tutte le cause di malattia. Di più rispetto al passato. Di più rispetto al resto della provincia, della regione e di gran parte della Penisola. È un fatto ormai accertato dalle indagini epidemiologiche, e in particolare dal progetto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), il monitoraggio nazionale dell’Istituto superiore di sanità (Iss), sulla mortalità e il rischio sanitario delle persone che vivono nei posti più inquinati d’Italia, tra cui appunto capoluogo pugliese. I dati, raccolti a partire dal 1980 e appena aggiornati per il periodo 2003-2009, mettono i brividi. Nella città dell’Ilva, la mortalità è dell’11% più alta rispetto alla media regionale, in aumento di un punto percentuale rispetto al periodo 1995-2002.

Tumori, malattie respiratorie e cardiocircolatorie si confermano i big killer legati all’inquinamento. Secondo una nuova analisi, basata sul Registro tumori della Puglia – Asl di Taranto, relativa al biennio 2006-2007, nei comuni di Taranto e Statte (entrambi sito di interesse nazionale per le bonifiche) le diagnosi di cancro sono del 30% più frequenti negli uomini e del 20% in più per le donne rispetto al resto della provincia. Con picchi specifici per lui (mesotelioma: +100%; melanoma: +90%; linfoma non Hodgkin: +60%; polmone: +50%; fegato: +40%; vescica: + 30%; colon-retto e prostata: +20%). E per lei (fegato: +75%; linfoma: +43%; utero: +80%; polmoni: +48%; stomaco: +100%; mammella: +24%).

Spaventosi i dati riguardanti i bambini. A Taranto c’è un eccesso di mortalità nel primo anno di vita del 20% rispetto al resto della Puglia e un consistente aumento di malattie infantili per tutte le cause, tra cui asma e allergie. “I bambini – spiega il rapporto del Ministero della Salute – mostrano una maggiore vulnerabilità agli agenti ambientali perché, rispetto agli adulti, hanno tassi respiratori più elevati e un maggior consumo di cibo per kg di peso, che possono determinare esposizioni più elevate, per inalazione e ingestione, a contaminanti presenti nell’aria e negli alimenti”. Nel complesso, tutti gli studi, comprese analisi di coorte (che mostrano come nelle vicinanze dell’impianto l’incidenza di malattie e la mortalità siano superiori rispetto a quartieri di Taranto più periferici), non lasciano spazio a dubbi: “Emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto”.

Ora, anche se la risposta può sembrare scontata, la domanda cruciale è: la colpa è dell’Ilva? “Ci sono evidenze epidemiologiche abbastanza solide per effettuare una ragionevole associazione di causa-effetto tra l’impianto siderurgico e certi effetti sulla salute”, commenta Maria Angela Vigotti, ricercatrice del Dipartimento di biologia dell’Università di Pisa, associata all’Istituto di fisiologia clinica del Cnr e consulente per l’incidente probatorio sul caso Ilva del Comune di Taranto.“Ma non è detto che l’Ilva sia l’unica responsabile. Oltre all’Ilva, ci sono sul territorio altre fonti inquinanti, come la marina militare, la raffineria dell’Eni, la Cementir”.

Tuttavia l’Ilva resta l’indiziata numero uno. Spiega Loredana Musmeci, dirigente dell’Iss: “Tre elementi critici sono emersi riguardo l’area urbana a ridosso dell’Ilva, il benzopirene, che si disperde nell’aria attraverso le polveri sottili, la diossina, che fuoriesce dai camini, e i metalli”. L’Ilva è responsabile del 99% delle emissioni di benzopirene nell’area di Taranto e del 90% della diossina in tutta Italia. “Questi fumi tossici aumentano notevolmente il rischio di malattie respiratorie, un effetto che è stato confermato a livello epidemiologico sia nel lungo che ne breve termine, e in particolare sui bambini”, prosegue Vigotti. “Per la maggior parte dei tumori, a parte per il mesotelioma della pleura, è più difficile stabilire una responsabilità diretta e si parla piuttosto di multifattorialità”. È un’analisi ardua, quella degli effetti sulla salute dell’inquinamento industriale. “Per esempio, il particolato emesso dalle ciminiere, oltre a essere respirato direttamente, finisce su campi coltivati, viene ingerito dagli animali ed entra nella catena alimentare, provocando conseguenze indirette sulla salute”, aggiunge Vigotti. Ma il “caso Taranto” insegna che, pur nella complessità, è possibile riscontrare evidenze scientifiche che non lasciano spazio a dubbi e propaganda.

E ora? Il Ministro della Salute Renato Balduzzi ha annunciato un piano d’intervento all’interno della nuova Autorizzazione integrata ambientale (il provvedimento che disciplina e autorizza l’attività di un impianto industriale), che prevede un sistema di monitoraggio sanitario e un piano di prevenzione nei confronti dei lavoratori, dei bambini, di tutti, con iniziative mirate.

Crediti immagine: Gin Fizz, Flickr

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