SPECIALI – (Questo articolo fa parte dello “speciale trapianti”) Quando un organo viene trapiantato non gode di lunga vita. In generale si stima che appena il 50% dei pazienti che sono stati sottoposti ad un trapianto mantengono le funzionalità dell’organo dopo quindici-vent’anni anni. A questo va aggiunto che l’età media dei donatori si è alzata notevolmente e quindi gli organi disponibili, sempre difficili da reperire in numero sufficiente, molto spesso non sono più giovanissimi. Questi alcuni dei motivi per i quali la ricerca e la sperimentazione clinica si stanno muovendo verso strade alternative. Per esempio i mini-organi artificiali che però secondo Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, non soddisfano ancora.“È chiaro che nel momento in cui ci sarà un micro rene artificiale che funzionerà bene e garantirà anche tutte le funzioni endocrine del rene naturale, allora potrà esserci un futuro” ma questo biettivo è ancora lontano. “Invece, il discorso è diverso per il cuore, perché ha un’unica funzione relativamente semplice ed infatti questo dispositivo è già in uso”. Si chiama VAD (Ventricular assist device) di terza generazione ed è una mini pompa in materiale biocompatibile, molto simile per aspetto ad una pila stilo, che va impiantata all’apice del ventricolo malfunzionante e che viene collegata all’esterno con un cavo. Servono poi batterie, caricatore e un computer dal quale poter monitorare il funzionamento del dispositivo. A differenza del cuore naturale trapiantato, questo mini cuore potrebbe potenzialmente funzionare all’infinito perché la parte attiva, che lavora stando sospesa in un campo magnetico in modo da eliminare l’attrito, non si usura. In Italia è stato impiantato per la prima volta dall’equipe del dottor Ettore Vitali all’Istituto Clinico Humanitas.
Il VAD di terza generazione sta in una mano e pesa circa 100 grammi. Finora è stato impiantato nei 18 pazienti che sono stati selezionati in tutto il mondo per partecipare al trial clinico. Sembra perfetto, insomma, ma come spiega Ettore Vitali in un documento diffuso dall’istituto, “l’impianto di un VAD si effettua quando non c’è più nessuna terapia alternativa disponibile, e il paziente ha pochi giorni di vita. Questo perché il risultato di un intervento come questo richiede spirito di adattamento. Non tutti accettano facilmente la macchina, che comporta alcune limitazioni. Un esempio banale, non poter più fare bagni nel mare”.
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