SALUTE – Carlo Gnetti, un giornalista di Rassegna Sindacale, e Vittorio Agnoletto, medico e fondatore della Lila, hanno scritto di corsa AIDS: Lo scandalo del vaccino italiano (Feltrinelli editore). Di corsa perché pongono domande senza risposte da anni, mentre servirebbero d’urgenza.
Per la ricerca su quel vaccino – che usa la proteina Tat, scoperta nel laboratorio di Robert Gallo nel 1987 e già provata e scartata da altri ricercatori – da 13 anni Barbara Ensoli e il suo gruppo all’Istituto Superiore di Sanità ricevono circa la metà dei fondi pubblici per l’AIDS. Il libro (recensione) documenta finanziamenti decisi dai beneficiari, controllori che sono i controllati o loro fratello, una peer-review inesistente, “successi” comunicati durante feste con politici mentre sulle riviste scientifiche escono articoli contraddittori o su aspetti marginali.
In breve, i fatti. Nel 1998 Ensoli annunciava un vaccino preventivo – che immunizza contro l’infezione – via via diventato “terapeutico”, da somministrare come adiuvante immunitario ai pazienti in terapia antiretrovirale (HAART).
L’esperimento clinico di fase I – nel quale le dosi sono aumentate e i pazienti dimezzati in corso d’opera – si è concluso nel 2005, ma i risultati completi non sono mai stati pubblicati. Per le irregolarità denunciate invano alle autorità di sorveglianza e poi alla stampa, il prof. Fernando Aiuti della Sapienza, che ne era uno de tre responsabili, ha ottenuto come unica risposta una causa per diffamazione che Ensoli e l’ISS hanno perso. Malgrado questo, un esperimento di fase II è stato approvato e finanziato, si concluderà alla fine del 2013.
Dopo 14 anni di proclami nazionalistici, il 13 novembre scorso su PLoS One esce un articolo dei ricercatori del gruppo Ensoli e della Novartis. Hanno infettato con il Siv macachi ai quali avevano somministrato un vaccino che combina la proteina Tat e una Env (la ΔV2, per la precisione) dell’Hiv. L’Env da sola si è dimostrata inefficace, scrivono gli autori, mentre
Il vaccino basato sulla Tat è arrivato alla fase I in esperimenti preventivi e terapeutici che ne hanno mostrato la sicurezza e l’immunogenicità e ha recentemente dimostrato un’efficacia promettente in un esperimento terapeutico di fase II nei soggetti trattati con HAART. Un ampio insieme di prove (evidence) fornisce una buona ragione per includere la Tat in nuovi candidati per un vaccino preventivo dell’HIV/AIDS
Nella bibliografia però, l’evidence risulta solo dalle pubblicazioni del gruppo Ensoli. Quanto all’efficacia “promettente” resta da dimostrare poiché la fase II è tuttora in corso.
Anche questa volta l’evidence c’è. Nei macachi vaccinati il carico virale è significativamente più basso, addirittura qualcuno non si infetta:
Questi dati indicano che entrambi gli anticorpi anti-Tat e anti-Env sono necessari per bloccare l’acquisizione e la diffusione dell’HIV, e hanno implicazioni chiave per nuove strategie di sviluppo di vaccini sia preventivi che terapeutici.
(grassetto mio)
Visti questi risultati, un nuovo esperimento di fase II è iniziato in Sud Africa con pazienti trattati con HAART (ISS T-003, ClinicalTrials.gov NCT01513135) e complessi di Tat e ΔV2 Env sono provati in Italia in un esperimento preventivo multicentricentrico di fase I (ISS P-002, ClinicalTrials.gov NCT01441193, http://www.hiv1tat-vaccines.info).
I lettori si stupiranno di una fase II contemporanea a una fase I. In realtà, nel settembre 2011 Ensoli et al. hanno deciso di reclutare in Italia 50 persone sulle quali verificare la non tossicità e l’immunogenicità del vaccino TAT-Env. Mentre nel marzo 2012, Ensoli et al. hanno deciso di reclutare in Sudafrica 200 pazienti per la fase II di un vaccino che non contiene quella proteina Env e quindi non produrrà un anticorpo contro di essa. Eppure Ensoli et al. sapevano almeno dal settembre 2011 che l’anticorpo anti-Env è “necessario per bloccare… la diffusione dell’HIV“.
(Chiedo scusa per il grassetto un po’ indignato, ma non è giusto né in Sudafrica né altrove.)