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Cervelli in fuga? Mica tanto

mappa-cervelliJEKYLL – I luoghi comuni si formano così: da storie a cui tutti – per qualsiasi motivo – vogliamo credere. Il racconto dei “cervelli in fuga” sembra uno di questi: tanti aneddoti e pochi, pochi numeri. Così pochi e confusi, in realtà, che dimostrare qualsiasi tesi è molto difficile. Se però studiamo le ricerche più recenti ci accorgiamo che il modo in cui questo fenomeno è stato raccontato – come minimo – non combacia con i risultati delle indagini.

La versione “ufficiale” è che sia in corso una specie di esodo di massa: ondate di giovani altamente formati abbandonano l’Italia; anni di investimenti in istruzione sprecati a vantaggio degli altri Paesi, che godono dei frutti del lavoro della scuola italiana senza spendere un centesimo.

Eppure i conti non tornano. E in effetti il quadro è più complesso. Già solo dagli ultimi dati resi disponibili dall’OCSE risulta che in Italia, al 2008, il tasso di emigrazione dei laureati era del 3,8%. Piuttosto basso, se confrontato per esempio con quello tedesco (7,1%), danese (6,3%), olandese (6,2%) o inglese (10,3%). Siamo vicini alla Francia (4,2%), mentre emigrano meno di noi soltanto giapponesi (1,1%), spagnoli (2,4%) e – non a sorpresa – gli americani (0,4%).

Questo in generale. E la crisi? E nel campo della ricerca, invece? Per capirlo abbiamo consultato il più recente degli studi disponibili, guidato da Chiara Franzoni e pubblicato su Nature Biotechnology, che ha analizzato il percorso di ricercatori provenienti da 16 nazioni e 4 diversi campi disciplinari. Anche qui i risultati vanno in una direzione inaspettata: la percentuale di giovani scienziati emigrati dall’Italia è del 16,2%. Pochi punti in più rispetto a Francia, Danimarca e Svezia (tutte fra il 13 e il 14%), ma comunque molto “meglio” rispetto a Germania (23,3%), Gran Bretagna (25,1%) e Belgio (21,7%). Nulla di straordinario, insomma, mentre gli Stati Uniti si confermano – pur se in declino relativo – ancora il centro mondiale per la ricerca e l’eccellenza. Soltanto in Giappone i ricercatori emigrano meno: 3,1% contro un 5% degli americani.

Tutti dati che, in effetti, confermano le conclusioni di un altro studio dell’ISTAT e condotto sui dottorati di ricerca, da cui risulta che soltanto il 6,4% di essi, al 2011, si era trasferito all’estero per lavorare. Con numeri un po’ più alti per le discipline scientifiche, minori per quelle umanistiche.

Che conclusioni trarne? Ricerca e università italiane sono forse il migliore dei mondi possibili? No, anzi: tutt’altro. Questa è la risposta più immediata, ma è anche sbagliata. E lo dimostra lo stesso studio di Franzoni, da cui emerge quello che è il dato più significativo per raccontare l’intera storia: solo il 3% degli scienziati dei settori in esame, in Italia, arriva dall’estero. La percentuale più bassa (e di gran lunga) fra tutte le nazioni sviluppate. Segnale evidente di un Paese provinciale, chiuso agli stimoli esterni; incapace di attirare merito e competenza. La stessa conclusione cui anche altri erano pervenuti già qualche anno fa.

E in questo senso anche quanto in prima battuta sembrava un dato positivo – il basso numero di emigrati – può essere letto come l’incapacità degli italiani di inserirsi in un contesto che già oggi è globale, e in futuro non potrà che esserlo ancora di più. Un’ipotesi che ormai circola sempre più spesso.

Cervelli in fuga: la mappa

Nulla è in grado di spiegare questo fenomeno meglio di una mappa globale, in grado di mostrare visivamente flussi, dati e statistiche. Abbiamo provato a realizzarne una per raccogliere i numeri più interessanti: la trovate qui a fianco, preceduta da un’immagine che spiega come farne uso. Per accedere alla mappa è sufficiente cliccare sull’immagine stessa.

RIFERIMENTI

L. Beltrame, Realtà e retorica del brain drain in Italia – Stime statistiche, definizioni pubbliche e interventi politici, Università degli studi di Trento, 2007;

C. Franzoni, G. Scellato, P. Stephan, Foreign-born scientists: mobility patterns for 16 countries, Nature Biotechnology vol. 30 no. 12, december 2012;

Heindrik & Struggles, The Global Talent Report Index Report: The Outlook to 2015, Economist Intelligence Unit, 2011;

ISTAT, Mobilità interna e verso l’estero dei dottori di ricerca, Focus, 2011;

I. Klingert e A. H. Block, Ausländische Wissenschaftler in Deutschland, Bundesamt für migration und Flüchtlinge, 2013;

OCSE, Profile of Immigrant Population in the 21 st century: data from OECD countries, 2008;

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