CRONACA – Nel 2011 sono stati imbottigliati 12,4 miliardi di litri di acqua minerale. A occuparsene sono state 168 società, per conto di 304 diverse marche commerciali, generando un volume di affari di 2,25 miliardi di euro. Sono solo alcuni dei dati raccolti nel rapporto “Acqua in bottiglia” di Legambiente e Altraeconomia, che fa il punto sul business delle acque in bottiglia.
L’abitudine italiana di preferire l’acqua in bottiglia a quella del rubinetto non solo ha un enorme impatto ambientale, ma favorisce un meccanismo economico che porta grossi guadagni alle aziende imbottigliatrici.
Dal 1980 a oggi il mercato delle acque minerali è quintuplicato, mentre le tariffe pagate dalla società imbottigliatrici alle regioni sono rimaste quasi invariate, in molti casi con canoni ancora stabiliti con “regio decreto” o vecchi di oltre trent’anni.
Per risolvere questa situazione, nel 2006, la Conferenza Stato-Regioni ha elaborato un documento di indirizzo in cui si proponeva l’applicazione di canoni uniformi sul territorio nazionale che prevedessero l’obbligo di pagare sia in funzione degli ettari dati in concessione, sia per i volumi imbottigliati.
A sette anni di distanza, Legambiente è andata a verificare il livello di attuazione di quanto stabilito nel 2006. I risultati non sono positivi: solo una regione promossa (Lazio), dieci promosse con riserva (Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e Provincia autonoma di Trento), quattro rimandate (Basilicata, Campania, Piemonte, Abruzzo) e sei bocciate (Provincia autonoma di Bolzano, Emilia Romagna, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna).