CRONACA – Chi ha difficoltà a ricostruire cosa abbia mangiato a pranzo lo scorso martedì può ben immaginare quanto sia difficile far luce su una sequenza di eventi avvenuta qualche migliaia di milioni di anni fa. Il periodo è il Proterozoico,
che si colloca tra 2.500 e 543 milioni di anni fa. A quel lungo intervallo si fa risalire il passaggio verso un’atmosfera terrestre ricca di ossigeno, e la diffusione sul nostro pianeta di organismi eucarioti, cioè composti da cellule che contengono organelli dotati di membrane. Datare gli eventi che appartengono a quel periodo è impresa tutt’altro che semplice, e l’uso di fossili come punto di riferimento temporale ha condotto spesso a controversie nelle datazioni.
Un gruppo di ricerca dell’università di Berkeley ha studiato un nuovo metodo per datare con minore incertezza alcuni eventi di un periodo così lontano. La nuova tecnica, presentata in un articolo pubblicato online su PNAS, è stata utilizzata dai ricercatori per collocare nel tempo due momenti importanti nella storia degli organismi viventi: la comparsa dei mitocondri e dei cloroplasti.
Questi due organelli cellulari, fondamentali rispettivamente per la produzione di energia e per la fotosintesi, hanno probabilmente avuto un’origine molto particolare. Secondo la teoria dell’endosiombiosi, infatti, questi attuali organelli provengono da batteri che hanno iniziato a vivere all’interno delle cellule durante il Proterozoico e si sono con il tempo trasformati in componenti cellulari stabili.
Utilizzando dati genetici e fossili e affidandosi a un modello statistico di tipo Bayesiano, i ricercatori sono riusciti a costruire un calendario più affidabile per scoprire la data di nascita dei due organelli cellulari. La comparsa dei mitocondri è stata collocata a circa 1.200 milioni di anni fa, una stima in linea con i precedenti studi. I cloroplasti, che consentono alle cellule vegetali di trasformare la luce del sole in energia con la fotosintesi, sembrano invece essere molto più giovani di quanto si pensasse: avrebbero avuto origine infatti soltanto 900 milioni di anni fa.
La nuova tecnica applicata nello studio, sostengono i ricercatori, potrebbe essere applicata con successo per la datazione di altri eventi biologici sprofondati nell’incertezza del passato.