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Come il digitale sta cambiando il New York Times (e vice versa)

vignettaJEKYLL – “Non so se stamperemo ancora il New York Times tra cinque anni” dichiarò una volta Arthur Sulzberger, editore dello storico quotidiano. “E se vuole proprio saperlo non me ne importa nulla. Internet è un posto meraviglioso e noi lì siamo leader”.

Dal giorno di quell’intervista di anni ne son passati più di sei, e il mondo editoriale è ancora in una fase di turbolento cambiamento. Per Sulzberger la buona notizia, forse, è che il New York Times è ancora in edicola, anche se perde copie come chiunque. La cattiva notizia è che su internet la sua leadership non è più così indiscussa, insidiata ogni giorno da siti di informazione come Huffington Post o BuzzFeed, che sul web ci sono nati e che del web sanno gestire e sfruttare i meccanismi con intelligenza e spesso con furbizia.

In edicola dal 1851, la Grey Lady (come viene affettuosamente soprannominato il Times) sta però compiendo negli ultimi tempi diversi sforzi di sperimentazione, alla ricerca di una propria dimensione online. Tentativi, non sempre riusciti, di intraprendere strade alternative alla mera trasposizione sul web della versione cartacea. L’ultima novità è la rivoluzione grafica del sito, annunciata da mesi ma ancora in fase di sperimentazione (la potete provare in anteprima qui).

La nuova organizzazione delle pagine e dei link sembra dare un seguito a quello che da anni molti osservatori ripetono (e che siti come Gawker hanno già capito da un po’): la homepage è morta, almeno per come la pensavamo finora. Sempre meno persone utilizzano la home come fosse la versione digitale della prima pagina del cartaceo, ovvero come primo contatto con il giornale, utile ad avere uno sguardo d’insieme delle notizie più importanti. Dati alla mano la home non è più la porta d’accesso principale ai siti, soprattutto se parliamo di siti di informazione: gran parte dei visitatori accede direttamente a un articolo tramite link da social network o motore di ricerca, e da lì si muove poi sulle altre pagine.

Questo cambia completamente l’esperienza di fruizione del giornale online da parte del lettore, e costringe a sua volta il giornale a modificare l’esperienza da offrire al visitatore. Il cambiamento strutturale più importante che i siti di informazione si apprestano ad attuare è in molti casi quello di trasformare ogni pagina in una piccola homepage. Ed è una cosa simile quella che sta per fare il New York Times con la nuova grafica del sito, modificando la visibilità degli articoli correlati, creando menù di navigazione accanto a ogni pezzo, e aggiungendo, in alto, una barra su cui scorrere gli articoli più importanti, presentati con foto e sommario. Ogni pagina presenterà così una panoramica dell’intero sito.

Fare soldi su internet

Al di là della facilità di navigazione, gran parte dei cambiamenti nella struttura dei siti di informazione è in realtà dettata in primo luogo dalla difficoltà di monetizzare la propria presenza sul web. I banner pubblicitari non funzionano, gli inserzionisti latitano, la situazione è grave ed è chiara a tutti. Secondo i dati del Pew Research Center l’incremento totale di introiti pubblicitari dei giornali online degli ultimi dieci anni di web non è sufficiente a colmare neanche le perdite medie di un solo anno del cartaceo. Gli introiti pubblicitari complessivi del New York Times sono crollati dagli 1,27 miliardi di dollari del 2006 ai 711,8 milioni del 2012 .

Il NYT ha provato a rimediare cercando un modo per rendere a pagamento i contenuti del sito senza perdere lettori. Nel 2005 ha provato a lanciare una forma particolare di abbonamento, chiamata Times Select: gratis le notizie, a pagamento gli editoriali, gli approfondimenti più ricchi e i contenuti d’archivo. L’esperimento è fallito, e dopo due anni al Times si sono messi a pensare a qualcosa di diverso. Il giusto equilibrio sembrano averlo trovato nel 2011, con il nuovo sistema di paywall: ogni utente può leggere fino a dieci articoli gratuitamente. Dall’undicesimo si inizia a pagare. Se l’accesso avviene tramite social network, però, si può visitare un numero virtualmente infinito di pagine. Sembrerebbe un sistema un po’ contorto, e soprattutto facilmente aggirabile. Eppure per ora sembra funzionare. Dopo un solo anno il Times contava 450 mila nuovi abbonati online, contro l’obiettivo dichiarato di 300 mila.

Secondo quanto riportato da Bloomberg il NYT sta guardando però anche a metodi meno ortodossi di far tornare i conti. Per esempio adottando le sponsored stories (dette anche native ads), ovvero articoli di giornale scritti direttamente dagli inserzionisti, graficamente identici agli articoli “veri” dai quali si differenziano solo per la dicitura “Pubblicità” che spunta da qualche parte sulla pagina. Nulla di nuovo in realtà, le sponsored stories sono un metodo già ampiamente utilizzato da molti giornali e riviste (e siti come BuzzFeed). “Ma vogliamo trovare un modo per non confondere o ingannare il lettore”, ha detto Todd Haskell, vice presidente dell’Ufficio Pubblicità della New York Times Company. Nessuna conferma ufficiale sulla questione è comunque ancora arrivata da parte del quotidiano.

Di chi è Snow Fall?

Snow Fall è uno degli esperimenti digitali del Times di cui si è discusso di più negli ultimi mesi. È una lunga inchiesta di giornalismo long-form di vecchio stampo (in breve è la storia di una valanga del febbraio 2012 nello Stato di Washington) presentata però su una pagina speciale del sito, con una grafica curata, interattiva e piena di contenuti multimediali di qualità. Senza dubbio Snow Fall è un bel giocattolino, una forma nuova e accattivante di story-telling (nel frattempo anche il Guardian ha fatto qualcosa di simile con Firestorm). La pagina ha portato milioni di visite al NYT e il Premio Pulitzer a John Branch, che ha firmato il pezzo.

Qualche mese fa un uno studio di web design è riuscito a ricreare Snow Fall sul proprio sito. Il che significa che è riuscito a riprodurre le stesse animazioni e la stessa struttura multimediale e interattiva su cui il Times ha lavorato per mesi. “E siamo riusciti a farlo in meno di un’ora”, si pavoneggiavano sul proprio sito, prima che i legali del NYT se ne accorgessero e facessero chiudere tutto.

Il Times sembrerebbe essersi seccato non tanto per la violazione del copyright dei contenuti dell’articolo (testo, foto e video) quanto per la replica del struttura multimediale con cui l’articolo veniva proposto. Questo ha sollevato nuovi interrogativi sulla linea di confine tra contenuti e mezzi nell’era digitale, e ha aperto una piccola polemica sulle nuove barriere che rischiano di crearsi sul web. Snow Fall è stato accolto da molti come il futuro del giornalismo online. Ma può essere un futuro desiderabile quello che riserva la possibilità di offrire esperienze web uniche solo a chi ha abbastanza risorse per costruirle con un lavoro di mesi e irretirle grazie a un team legale di peso?

Abitare il web

Tra tante difficoltà e qualche passo falso, non si può non riconoscere al Times di aver capito l’importanza di trovare forme nuove e sempre diverse per affermare la propria presenza (e il proprio marchio) sul web.

Nel 2006 la New York Times Company ha aperto il NYT Labs: uffici di Ricerca e Sviluppo mirati a studiare soluzioni online per il giornale. Nel 2012, il quotidiano ha inaugurato una nuova versione beta del sito in cinese. Ma l’attenzione per le “cose del web” si vede anche dai dettagli più piccoli, che online significa spesso “cazzeggio”. Ne è un buon esempio il blog (anzi, il tumblr)  Times Haiku, dove vengono creati piccoli componimenti poetici pescando completamente a caso all’interno degli articoli del giornale grazie a un algoritmo che cerca nei vari pezzi la giusta metrica per un haiku (tre versi di 5, 7 e 5 sillabe rispettivamente).

Ne escono fuori capolavori nonsense, come quello postato il 23 giugno, che però sembra riassumere piuttosto bene l’intera questione del passaggio dal cartaceo al digitale:

It was kind of fun
just to try to figure out
how to make money.

Crediti vignetta: Matteo De Giuli

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Matteo De Giuli
http://matteodegiuli.wordpress.com/