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Come si è evoluta la monogamia?

Formosan_macaqueCRONACA – Non solo per l’uomo, ma per molte specie di primati, l’idea di coppia ruota intorno a un lui e una lei. Il dibattito sulle motivazioni alla base della monogamia ha impegnato i biologi evoluzionisti per anni, ma un nuovo studio pubblicato su Pnas ha scoperto qual è il fattore determinante che spinge oltre 230 specie a condividere la vita con un solo partner.

Il motivo per il quale i primati scelgono la coppia è ridurre il rischio di infanticidio da parte di maschi non imparentati, come spiegano i ricercatori della UCL e delle università di Manchester, Auckland e Oxford. Di fronte a una femmina che, inerme, accudisce il proprio piccolo, un altro maschio non ha infatti grosse difficoltà a ucciderlo. Questo comportamento, molto diffuso tra i primati, segue una logica ben precisa: le cure parentali tengono le madri impegnate a lungo, ed esse si dedicano completamente ai piccoli sottraendosi così ad altre occasioni di concepimento.  Il cucciolo, dunque, diventa per i maschi diversi dal padre un ostacolo alla riproduzione, che viene superato con l’infanticidio.

Finora, gli scienziati avevano considerato oltre a questa anche altre due ragioni per spiegare l’evoluzione della monogamia, ipotizzando agissero in concomitanza. Un primo elemento riguardava la possibilità di fornire migliori cure parentali in coppia, grazie alle attenzioni di due genitori piuttosto che uno solo. L’organizzazione sociale dei primati e le loro capacità cognitive, infatti, si appoggiano su una struttura cerebrale elaborata, che richiede una maturazione del cucciolo lunga ed energeticamente dispendiosa. In secondo luogo, impegnandosi in una coppia stabile, il padre può prevenire l’accoppiamento della propria compagna con altri maschi.

Era tuttavia giunto il momento di vederci chiaro, e i ricercatori, guidati da Christopher Opie dello University College London, hanno indagato sistematicamente quale di questi fosse il fattore più importante. Nello studio sono stati analizzati i dati comportamentali e genetici di 230 specie di primati, considerati all’interno di un albero genealogico che teneva conto di tutte le relazioni tra le diverse specie. Sfruttando il metodo bayesiano, i ricercatori hanno così determinato quando si era verificata la comparsa di un determinato comportamento, e come questo si era modificato nel tempo.

Gli scienziati hanno osservato la manifestazione dei tre fattori su scala temporale, e si sono resi conto che solo l’infanticidio precedeva l’evoluzione della monogamia, diventandone perciò il principale motore trainante. Le cure parentali congiunte e la protezione fornita dal maschio alla femmina si sono dunque verificate solo in seguito, come conseguenze e non cause della monogamia stessa.

Come sottolinea Susanne Shultz della University of Manchester, la peculiarità di questo studio è che ci permette di arrampicarci all’indietro sul nostro albero genealogico, arrivando alle origini dell’evoluzione di quei tratti che ci rendono umani. Da quando i padri hanno deciso di rimanere nei paraggi per occuparsi della prole, infatti, le madri hanno potuto rilassarsi, modificando le loro abitudini riproduttive e dando alla luce una prole più intelligente.

Crediti immagine: KaurJmeb, Wikimedia Commons

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".