CRONACA – Continueremo a chiamarli gas nobili, anche se ogni tanto rinunciano al loro titolo e accettano di legarsi agli elementi comuni. L’aggettivo nobile con cui indichiamo la classe di elementi che comprende elio, neon, argon e radon fu scelto storicamente per identificare quegli atomi molto restii nel formare composti chimici con altri elementi della tavola periodica. Arriva invece dallo Spazio, e in particolare dalla nebulosa del Granchio, il primo indizio della presenza in natura di una molecola contenente un elemento nobile, in questo caso argon.
Fino a oggi nessuno strumento era stato in grado di rivelare la presenza di molecole di questo tipo, tanto che gli scienziati credevano che in natura non potessero esistere le condizioni per la loro formazione. Alcuni composti contenenti gas nobili erano già stati prodotti e studiati in laboratorio creando una serie di condizioni ad hoc, grazie a cui molte delle proprietà chimiche sono note da tempo.
Il team di ricerca che lavora con lo strumento SPIRE dell’Herschel Space Observatory (una missione dell’Agenzia Spaziale Europea, l’ESA) ha collaborato con un gruppo di fisici e astronomi delle università di Cardiff e Londra per riconoscere e identificare, a una distanza di oltre 3mila anni luce, la molecola chiamata idruro di argon. Lo stesso Mike Barlow, capo del gruppo di ricerca, ha ammesso lo stupore suo e dei colleghi per questa scoperta del tutto inattesa, i cui dettagli sono pubblicati su Science.
La nebulosa su cui sono puntati i telescopi si è formata appena mille anni fa in seguito all’esplosione di una stella, e dal punto di vista astronomico è giovanissima. Inoltre, la sua relativa vicinanza al nostro pianeta la rende ottima per studiare la cosiddetta polvere stellare. E proprio durante l’analisi di questi composti sono stati rivelati i segni della presenza di una molecola anomala, sotto forma di picchi negli spettri di emissione raccolti dai telescopi, che rappresentano una sorta di impronta digitale inconfondibile della molecola.
Gli scienziati hanno anche spiegato come sia possibile che proprio le condizioni fisiche estreme di una nebulosa possano essere un terreno fertile per la formazione di molecole contenenti gas nobili. L’argon deve essere stato prodotto in seguito al collasso e alla successiva esplosione della stella, e successivamente deve essere stato ionizzato dalle intense radiazioni, perdendo parte dei suoi elettroni. Contemporaneamente l’esplosione deve aver favorito la formazione di idrogeno molecolare, che poi ha reagito con gli ioni di argon, dando origine al composto.
Tra l’altro, gli atomi di argon della nebulosa hanno perlopiù 18 neutroni, e sono quindi di un isotopo diverso rispetto a quello che si trova sulla Terra, che nel 99,6% dei casi ne ha invece 22. Questa scoperta permetterà anche di capire meglio come gli atomi di argon abbiano origine dalle stelle, dal momento che l’argon terrestre si è formato con un meccanismo molto diverso, dal decadimento radioattivo.
Crediti immagine: ESO, Wikimedia Commons