CRONACA – Il rapporto tra la scienza e le altre branche del sapere muta nel tempo. Per quanto riguarda il diritto, ad esempio, è sempre più necessario che la dimensione giuridica abbia a disposizione tutti gli elementi disponibili per poter prendere le giuste decisioni a fronte della validità scientifica. Eppure si tratta di un rapporto delicato, che si alterna tra momenti di aperta ostilità da parte della comunità scientifica di fronte a una decisione giuridica ad altri in cui, difendendo diritti umani imprescindibili, è il diritto ad avere l’ultima parola. Se da un lato la scienza non può procedere al di fuori di ben precisi limiti, il diritto dal canto suo non può imporre alcuna decisione se non fondandosi su studi scientifici e informazioni aggiornate, a fronte del parere di esperti convocati e consultati appositamente.
“In assenza di una presa di posizione del ministero, i magistrati indagano e decidono basandosi strettamente sul caso concreto”, spiega Emanuela Gambini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, “trovandosi spesso a dover colmare un vuoto decisionale che è anche istituzionale”. Di fronte a una questione in materia scientifica, il tribunale procede ordinando delle perizie. Esistono appositi elenchi di esperti nei vari ambiti, spiega Gambini, che vengono consultati su necessità. “Anche la difesa, tuttavia, può presentare dei propri periti che abbiano una specifica expertise. In generale, tuttavia, il modo in cui gli esperti vengono selezionati spesso non è trasparente e chiaro”.
Scienza in tribunale
Quando si tratta di una tematica strettamente scientifica, viene consultato un perito che presenta nei dettagli il proprio expertise. Il punto è come poi viene decostruita la perizia, e se c’è un altro esperto che lo fa adeguatamente il giudice può anche decidere di esprimersi contro l’opinione dell’intera comunità scientifica. “Il giudice non prescinde mai da quella che è la posizione maggioritaria, ma tutto può cambiare quando poi la decisione arriva alla corte”, spiega Gambini. “Diciamo che non c’è un obbligo da parte del giudice, quando chiede una perizia, di selezionare esperti con posizioni diverse. Può esserci maggiore cura in alcuni casi, come quello di Marghera, quando c’è anche grande esposizione mediatica; in quel particolare frangente una certa fama e un background particolare entravano in gioco nella scelta”. Le posizioni contrastanti emergono in ogni caso, perché accanto alla perizia richiesta dal giudice ci sono gli esperti della difesa, che spesso sostengono posizioni completamente divergenti.
Decostruendo la testimonianza del perito si può smentire o confermare la sua credibilità. Per quanto riguarda le prove, invece, è calzante l’esempio del test del DNA. “Si può contestare il modo in cui sono stati ottenuti e conservati i campioni e l’attendibilità del lavoro di indagine portato avanti dalla polizia. L’intera procedura di trattazione dei materiali biologici è sempre una questione delicata arrivati a questo punto”, commenta Gambini. “È capitato che gli stessi laboratori chiamati in causa fossero costretti ad ammettere che l’iter non era stato propriamente corretto, e di questi tempi esami come quello del DNA acquistano sempre maggior rilevanza anche nell’immaginario pubblico, in quanto prova della presenza della persona in un determinato luogo e dunque dell’eventuale colpevolezza”.
USA
“Per fare un esempio non italiano, negli Stati Uniti non esiste alcun tipo di distinzione tra perizia tecnica ordinata dal tribunale e la testimonianza di chi è chiamato a parlare”, spiega Gambini. L’esperto viene consultato e ascoltato in quanto testimone, e partendo dalla sua deposizione, fino ad arrivare all’esame incrociato dei vari esperti, può emergere la cosiddetta verità processuale. Con tutti i dubbi del caso. “Negli Stati Uniti esistono vere e proprie agenzie di brokeraggio che si occupano di selezionare gli esperti in vario ambito, non solamente basandosi sulle loro competenze scientifiche, ma tenendo in grande considerazione le loro capacità persuasive”. Nel sistema anglo-americano, dunque, il ‘valore’ di un esperto in ambito giuridico è la somma di moltissimi fattori. Risulta chiaro che, dinanzi a una giuria composta da persone con posizioni ideologiche e conoscenze diverse, il suo ruolo risulta fondamentale se è in grado di convincere, di apparire sicuro e sostenere le domande della controparte. “Per quanto la competenza dovrebbe avere indiscutibilmente maggior peso, in sostanza non è sempre così”, conclude Gambini.
Esempi nostrani
“Se volessimo chiamare in causa Stamina, in quel caso la comunità scientifica internazionale si era già pronunciata contro la particolare tipologia di terapie. A quel punto si poteva anche discutere a lungo riguardo a quali fossero gli esperti più qualificati per giudicarne poi il valore in sede giuridica, ma la presa di posizione maggioritaria della comunità scientifica era più che chiara. In ogni caso non va contestato tout court il giudizio giuridico complessivo, andrebbero invece forniti i dati e le informazioni per discutere in maniera seria e completa”, commenta Gambini.
“Il caso Stamina era particolare, le informazioni complete non sono mai state fornite e c’era tutta una questione di diritto alla salute, oltre al difficile concetto di cure compassionevoli sul quale si è fondata la vicenda”, spiega Gambini. Si è trattato in quel caso di una costruzione fondata principalmente sull’emotività, e la validità scientifica è del tutto passata in secondo piano. “Non c’era trasparenza sui metodi di produzione, mancavano studi a supporto del metodo e quel poco che è stato presentato non era del gruppo Stamina”.
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