SPECIALE FEBBRAIO – Efficienza, sicurezza, rispetto dell’ambiente, comfort e accessibilità sono i benefici che la mobilità sostenibile dovrebbe portare con sè. Non è facile raggiungere questi obiettivi in un paese come l’Italia, dove il traffico di merci e passeggeri è intenso e disomogeneo. Nel 2010, il volume di persone che si sono spostate all’interno del territorio nazionale era pari a 915.663 milioni di passeggeri-km. La situazione ai limiti della saturazione, è anche aggravata dal fatto che il 91,86% degli spostamenti avviene su strada, mentre il restante 8,14% è suddiviso fra tutti gli altri sistemi di trasporto. Lo stesso accade per le merci, il movimento delle quali avviene per il 61,93% sull’asfalto.
Se l’obiettivo è quello di sviluppare una mobilità sostenibile, è fondamentale un apparato di concertazione che da dietro le quinte sia in grado di gestire i trasporti in maniera sistematica. Esistono già strumenti che offrono alle politiche dei trasporti l’informazione sulla mobilità, oltre alla gestione e al controllo degli spostamenti. Vanno sotto il nome di Sistemi di Trasporto Intelligente (ITS) e sono fondati sull’integrazione di informatica e telecomunicazioni applicate a una mobilità più efficiente.
Alcuni ITS sono già al nostro servizio da diversi anni, anche se noi spesso li guardiamo sotto un’altra ottica. Il Telepass per esempio è una tecnologia tutta italiana, che appare come un semplice sistema di pagamento automatico del pedaggio. In realtà è un metodo che cela l’obiettivo di fluidificare i flussi di traffico ai caselli, oltre a quello di raccogliere informazioni sulla rete autostradale. I sistemi ITS sono anche molto diffusi nelle città: gli orari delle fermate del trasporto pubblico, i sistemi semaforici intelligenti, i metodi di info-mobilità (app per gestire auto elettriche, biciclette pubbliche, parcheggi).
«Il grande problema in Italia è che i sistemi ITS sono diffusi a macchia di leopardo» ha commentato Olga Landolfi il segretario generale di TTS Italia, l’associazione nazionale con la missione di promuovere lo sviluppo e la diffusione degli ITS in Italia. A realtà molto avanzate e apprezzate anche all’estero – come Torino – si contrappongono città dove ancora è stato fatto poco o nulla, ad esempio Palermo. Poi ci sono eccellenze come Verona che ha sperimentato soluzioni avveniristiche e innovative, e l’Europa l’ha presa come banco di prova finanziando alcuni progetti con fondi europei.
«Ma anche all’estero la situazione è varia: il Giappone è il paese più avanzato. A livello europeo ci sono città evolute anche per motivi storici, come Londra o Parigi. L’Italia ha margini di miglioramento, ma non è il fanalino di coda in Europa», ha precisato la Landolfi.
Lo sviluppo degli ITS è legato alla politica
In Italia il settore ITS ha trovato solo di recente spazio per il proprio sviluppo, soprattutto grazie alla Direttiva europea 2010/40/UE, che lo ha considerato strategico per la gestione della mobilità. Secondo tale direttiva, l’elaborazione di norme relative agli ITS deve attuarsi in 4 settori: la creazione di dati riguardanti le strade, il traffico e la mobilità; le applicazioni ITS per la sicurezza stradale; la continuità dei servizi ITS e il collegamento tra i veicoli e le infrastrutture dedicate ai trasporti.
L’Italia ha risposto all’Europa con il decreto “Diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS) in Italia” del 1 febbraio 2013. Poco dopo è stato elaborato il “Piano d’Azione Nazionale ITS” che suggerisce indicazioni, azioni pianificate e misure di attuazione fino al 2018. «Il piano nazionale darà un respiro più ampio allo sviluppo del settore ITS: traccia un quadro politico preciso, che sta alla base di ragionamenti e investimenti. Inoltre ha dato una rinnovata visibilità al settore», ha sottolineato Olga Landolfi.
Il futuro degli ITS: ricerca, lavoro e open data
L’obiettivo a breve termine per gli ITS è quello di rendere le nostre città più smart, migliorando la qualità della vita con aumento della sicurezza, minori impatti ambientali e riduzione delle emissioni inquinanti. E gli enti locali sembrano interessati all’argomento perché vedono i benefici in termini di risparmio. Infatti come ha aggiunto Olga Landolfi «È più rapido e meno costoso aggiungere un ITS piuttosto che rifare le reti viarie. Questi sistemi però necessitano di manutenzione per il corretto funzionamento, e qui si inserisce il tema della formazione di tecnici specializzati.» Per rispondere a questa necessità TTS Italia ha appena firmato un accordo con ANCI, l’associaziona nazionale comuni, per organizzare corsi di formazione per i tecnici comunali.
Dal punto di vista pratico, le prossime applicazioni che vedremo realizzate sono quelle della guida cooperativa. L’auto non sarà più un mezzo isolato, ma sarà capace di dialogare con altre vetture e con le infrastrutture: diventerà uno strumento per dare e ricevere informazioni. L’applicazione che farà da traino a diffusione di questi sistemi sarà l’eCall, il servizio paneuropeo di chiamata di emergenza veicolare che diventerà obbligatoria nel 2015.
La guida cooperativa ha una forte componente di ricerca e innovazione, e si inserisce nei progetti che verranno finanziati da Horizon 2020. Sarà quindi un campo in cui si potranno spendere ricercatori e aziende.
Gli ITS hanno un ultimo aspetto innovativo: consento di raccogliere una grande quantità di dati. A partire da questi è possibile creare applicazioni gratuite per il cittadino, ma anche strumenti utili al business e al marketing geolocalizzato. Potremo avere applicazioni che danno informazioni in tempo reale sul traffico, in base ai propri stili di vita o ai propri spostamenti.
«Ma gli open data sono utili anche a noi» ha detto Olga Landolfi «ci permetteranno di costruire modelli, scenari e servizi».
La speranza è quella di vedere realizzato al più presto sul sito del ministero dei Trasporti un database dei benefici ITS, che consenta di quantificare gli impatti dei sistemi ITS implementati sull’efficienza, la sicurezza, le emissioni ambientali, e quindi la conseguente riduzione dei costi esterni.
Crediti immagine: Mariordo Mario Roberto Duran Ortiz, Wikimedia Commons