LA VOCE DEL MASTER

Alle radici dell’intelligenza

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LA VOCE DEL MASTER – Si può essere intelligenti senza avere un cervello? Si può respirare senza polmoni, “vedere” senza occhi, “sentire” senza i comuni organi di senso? Sì, è più che possibile: circa 300.000 specie di esseri viventi su questo pianeta, ovvero i vegetali, lo fanno da milioni di anni. Lo racconta “Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale” (Giunti Editore), un libro uscito lo scorso anno, scritto da Stefano Mancuso e Alessandra Viola.

La storia evolutiva dei vegetali, come spiegato nel libro, è basata sull’essere ancorati al terreno. Questo li ha spinti a diluire i propri organi su tutto il corpo: così, se un erbivoro divora una parte, l’intera pianta non ha un danno mortale. Avere gli organi sparsi per tutto il corpo però non vuol dire avere organi primitivi o non sofisticati: le piante, nei millenni, hanno sviluppato capacità di relazione con l’ambiente davvero sorprendenti.

Solo di recente, però, la scienza si sta interessando al mondo sensoriale dei vegetali. Le sorprese sono davvero tante, ancora di più le possibili applicazioni tecnologiche che ne potrebbero derivare. Le radici, in particolare, stanno mostrando capacità e comportamenti inattesi, assimilabili ai comportamenti di sciame come quelli delle api o… di internet (anche se sarebbe più corretto dire che internet ha un “comportamento” più simile alle radici).

Perché le piante sono così interessanti da studiare? Si possono definire intelligenti? Questi studi potranno avere delle ricadute tecnologiche? Per scoprirlo, siamo entrati armati di telecamera direttamente al LINV, il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, del quale è direttore uno dei due autori del libro, Stefano Mancuso, professore all’Università di Firenze e pioniere in questo campo di ricerca.

Mancuso è stato il primo scienziato italiano che fa ricerca in Italia a partecipare, nel 2010, a una Ted Conference/Global, e i suoi studi hanno suscitato molta curiosità, tanto che se ne è interessato anche il New Yorker, ripreso in Italia da Internazionale. Circondato da giovani ricercatori, ci ha spiegato come la mancanza di un cervello non sia necessariamente sinonimo di poca intelligenza. “L’essere intelligenti pur senza un cervello fa delle piante un oggetto di studio estremamente interessante: le loro strategie di sopravvivenza, le loro strategie costruttive, sono incredibilmente moderne” dice Mancuso, osservando inoltre che “se costruissimo le nostre reti come delle radici, non avremmo mai alcun problema d’interruzione dei dati”. Insomma, il futuro è forse nascosto nei nostri giardini.

Immagine di apertura: dettaglio della copertina del libro di Stefano Mancuso e Alessandra Viola

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