SCOPERTE – A vederli così, ancorati al fondale marino, è difficile immaginare che possiamo condividere con loro un meccanismo molecolare così importante da essersi conservato per più di 500 milioni di anni. Eppure tra noi e i coralli esiste un’importante affinità biochimica. Lo spiega uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, firmato da uno studente della San Diego State University. Si tratta di una strategia di morte programmata, chiamata apoptosi, fondamentale per mantenere equilibrato il numero di cellule presenti nel nostro organismo e per eliminare quelle danneggiate. Il TNF, fattore di necrosi tumorale, è uno degli attivatori di questo percorso. Quando il TNF lega il proprio recettore si attiva il processo di auto-distruzione cellulare e, dicono i biologi, questo recettore è molto simile tra uomo e corallo.
La scoperta è di quelle che si possono definire “casuali”. I ricercatori, infatti, analizzando l’interazione tra virus e biosfera, hanno confrontato alcune sequenze proteiche di Homo sapiens con alcune sequenze di Acropora digitifera e hanno trovato una similitudine inaspettata: le sequenze che codificano per il recettore del TNF sono molto simili nell’uomo e nel corallo. A sostegno di questa affinità virtuale, gli scienziati hanno indotto l’apoptosi su cellule umane usando il TNF di corallo e viceversa, ottenendo l’avvio del processo di morte programmata in entrambi i casi.
Sebbene questa possa sembrare una scoperta un po’ bizzarra, le sue implicazioni sono notevoli. “Il fatto che il TNF di uomo sia intercambiabile con quello di corallo – spiega Quistad, l’autore dello studio – significa che questi recettori non sono cambiati in 500 milioni di anni”. Bisogna infatti tornare così tanto indietro nel tempo per risalire al Cambriano, periodo geologico durante il quale si sono differenziati gli antenati di molte delle specie viventi odierne. L’analisi della conservazione dell’apoptosi indotta da TNF potrebbe, quindi, fornire importanti dettagli evoluzionistici.
Altro aspetto interessante è che questo, a detta degli autori, risulta essere il primo meccanismo di apoptosi descritto in dettaglio nei coralli. Lo studio di questo processo di morte cellulare nei coralli è particolarmente importante perché sembra essere direttamente coinvolto nello “sbiancamento”, un fenomeno distruttivo che coinvolge le barriere coralline e il loro ecosistema. I polipi del corallo, in risposta a fattori di stress, come ad esempio il riscaldamento delle acque, espellono l’alga con la quale vivono in simbiosi e che è responsabile del loro bel colore. Questa dissociazione, se prolungata nel tempo, porta alla morte del corallo. Nonostante le cause dello sbiancamento del corallo siano note, i processi biologici che ne sono alla base sono ancora poco studiati. Recenti studi hanno evidenziato che circa il 19% delle barriere coralline è andato distrutto, il 15% sta scomparendo e un altro 20% lo farà tra qualche tempo. Ecco perché comprendere meglio i meccanismi che stanno alla base di questa lenta scomparsa potrebbe aiutare ad attuare, in futuro, strategie preventive.
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