AMBIENTE

Che cosa c’è nelle acque di Milano

13941245931_9d5a99b913_z

AMBIENTE – “La sensibilità rispetto alla questione dell’inquinamento delle falde acquifere i cittadini lombardi ce l’hanno quasi nel sangue. Per chi è cresciuto all’ombra del disastro di Seveso, accaduto nel luglio del 1976, la cultura delle analisi ambientali è ben radicata.” Chi parla è Enrico Davoli, uno dei ricercatori dell’istituto Mario Negri di Milano, che dopo anni di analisi sulle acque milanesi è riuscito, insieme al collega Ettore Zuccato, a quantificare la presenza di sostanze chimiche presenti negli scarichi del capoluogo lombardo: 2,5 tonnellate di prodotti chimici fra farmaci, ormoni, droghe d’abuso, disinfettanti e cosmetici, caffeina e nicotina. Il progetto di ricerca, condotto dall’istituto Mario Negri, è stato finanziato dalla Fondazione Cariplo.

“C’è da dire che la presenza sebbene così massiccia di queste sostanze non mette in pericolo la sicurezza dell’acqua potabile – prosegue Davoli – ma è comunque importante monitorare la situazione perché alcune di queste sostanze che abbiamo rilevato sono decisamente nocive per l’ambiente.” Ad essere nell’occhio del ciclone sono per esempio le sostanze chimiche fluorurate, dette anche PFOA (acido perfluoroottanoico) e PFOS, particolarmente stabili e di cui è stata attestata la presenza perfino al Polo Nord. Queste sostanze sono contenute in innumerevoli tipologie di prodotti, dai vestiti ai pop corn ed è dunque difficile moderarne l’utilizzo. Da quando alcuni studi hanno parlato della cancerogenicità di queste sostanze, a livello industriale si è deciso di vietarne la produzione, anche se per quanto riguarda l’utilizzo la situazione è difficilmente controllabile. “Averne vietato la produzione è certamente un passo importante, ma non sufficiente. Bisogna creare una valida alternativa all’utilizzo di queste sostanze, che rimangono comunque un ingrediente chiave di molti prodotti di uso comune” spiega Davoli.

L’importanza dello studio però va anche in un’altra direzione, permettendo di capire quali sono le abitudini dei milanesi, sia come quantità di prodotti utilizzati, che per quanto riguarda la tipologia di sostanze e le modalità di fruizione. “Noi abbiamo analizzato non solo le droghe e i farmaci presenti nei corsi d’acqua  ma anche i loro metaboliti, ossia i prodotti di trasformazione delle sostanze una volta consumate dall’utente. Queste sostanze sono contenute nelle urine e nelle feci dei consumatori e vengono scaricate nelle acque reflue dove noi le analizziamo. Questo non è un elemento secondario da considerare, perché ci permette di compiere un’analisi di quello che la gente fa, dei loro stili di vita.” I ricercatori hanno infatti studiato in questo modo l’abuso di droghe, il consumo di farmaci e di sostanze chimiche non regolamentate 

“A Milano entrano tre fiumi: il Lambro, il Seveso e l’Olona, ma solo uno ne esce, il Lambro. Quello che abbiamo fatto è stato analizzare le sostanze chimiche nei corsi d’acqua entranti e nell’unico che esce e proprio qui abbiamo ottenuto i risultati più interessanti: per un chilogrammo di sostanze riscontrate nei corsi d’acqua in entrata, 5 chilogrammi sono stati rilevati nell’unico corso d’acqua che esce da Milano, il che significa molto chiaramente che 4 dei 5 chilogrammi di sostanze chimiche vengono prodotte proprio nel capoluogo lombardo. 

Ci sono anche altre realtà che si muovono in questo campo, come l’Istituto Superiore di Sanità sul territorio romano, il CNR e qualche ARPA regionale; quello che manca però è un coordinamento nazionale. “In altri paesi come negli Stati Uniti – spiegano Davoli  e Zuccato – sono i legislatori che richiedono analisi come queste, con lo scopo di redigere una lista di tutti i “contaminanti emergenti”, così vengono chiamati, presenti nell’ambiente e tenere in questo modo la situazione sotto controllo. In Italia purtroppo questo non accade e sono gli stessi ricercatori che mossi dalla sensibilità per questi temi mettono a punto degli studi. In questo senso il nostro studio rappresenta un piccolo esempio di come una coordinamento di forze funziona, avendo coinvolto nella ricerca due degli stakeholder più importanti nello scenario milanese che per la prima volta hanno si sono trovati a collaborare: CAP Holding, società a capitale pubblico partecipata dagli Enti Locali, che gestisce il Servizio Idrico Integrato delle province di Milano e Monza e Brianza, e Metropolitana Milanese, che gestisce invece il Servizio idrico integrato del comune di Milano.” 

I dati presentati nello studio hanno infine anche un’altra funzione: sensibilizzare la cittadinanza.“Questo sarebbe l’obiettivo della Regione Lombardia – conclude Davoli – che è molto interessata ai nostri risultati e che punta a creare una coscienza civica su questi temi sul territorio milanese, non solo dunque tra chi si occupa di questioni ambientali”.

Crediti immagine: Darkday, Flickr

Condividi su
Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.