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La biblica Gerusalemme e il piombo fuso di Gaza

Un approfondimento sul legame che esiste tra zoo e guerre, tra conservazione e diplomazia

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APPROFONDIMENTO – Gli zoo della Terra Santa non sono solo quelli di Ramat Gan e Qalqilya. Ci sono altri due zoo che descrivono bene la situazione generale di quelle zone. Ramat Gan e Qalqilya hanno trovato nella cooperazione e nell’aiuto reciproco una missione ulteriore rispetto alla divulgazione e preservazione della biodiversità. Qui, invece, parliamo di due zoo che hanno storie, risultati e approcci diametralmente opposti. Le due facce più dure del conflitto tra Israele e Palestina. Da una parte uno zoo moderno, ben conservato e molto “religioso”. Dall’altro un parco che ha subito tutte le atrocità possibili.

Dalla Bibbia alla gabbia

Gerusalemme è la città del Tempio, del Muro del pianto: è quindi il simbolo stesso dell’ebraicità. Dove altro poteva essere lo “Zoo Biblico” se non qui? In questo particolare parco vengono tenuti in cattività gli animali citati nella Bibbia ebraica, la Tanakh, che comprende gran parte di quello che per i cristiani è l’Antico Testamento. Lo zoo fu fondato nel 1940 da Aharon Shulov, professore di zoologia alla Hebrew University. Shulov, nato in Ucraina, era un fervente sionista (fu imprigionato per le sue opinioni politiche), ma anche appassionato di animali: una volta conseguito il dottorato all’Università di Napoli, tornò in Israele come professore di entomologia. A fianco dell’insegnamento, coltivava un sogno: collezionare tutti gli animali menzionati nella Bibbia, cosicché i suoi studenti potessero vederli dal vivo. Iniziò ospitando alcuni cuccioli di leone nel giardino di casa sua, nel centro di Gerusalemme. Mano a mano che riusciva ad acquistare altri animali, lo zoo si spostava nella periferia della Città Santa, fino al suo terzo trasloco, in gran parte finanziato da una ricca famiglia di ebrei newyorkesi, i Tisch, gli stessi che finanziano il Children Zoo di Central Park a New York City. Il proposito di ospitare solo animali menzionati nel Testo si rivelò ben presto davvero difficile: i nomi spesso erano equivoci e inoltre gli animali, dopo secoli, si erano estinti in Israele. Venne quindi deciso di ospitare anche animali in grave pericolo di estinzione. A differenza dello zoo di Ramat Gan, però, quello Biblico non ha tra le sue missioni principali quello di aiutare i colleghi palestinesi. Questi differenti approcci riflettono anche i caratteri delle due principali città israeliane: Tel Aviv, cosmopolita, laica e liberale, e Gerusalemme, città-simbolo del sionismo religioso.

Lo zoo di Gaza

Parlando di Palestina e Israele non possiamo non menzionare Gaza. Anche Gaza ha un suo zoo. O meglio: aveva. Le origini dello zoo sono abbastanza oscure, non sappiamo se aprì su iniziativa pubblica o privata, poiché le prime testimonianze certe sono del 2005. Lo zoo di Gaza è Gaza, nel senso che soffre di tutti i problemi e le prospettive che la Striscia ha, a partire dai suoi contatti con l’esterno. La maggior parte degli animali lì presenti, infatti, sono passati attraverso gli ormai famosi tunnel che cercavano di aggirare il blocco imposto da Israele. Uno di questi “trasporti particolari”, che evidentemente non tengono conto della salute psicofisica degli animali, è stata Sabrina, una delle leonesse dello zoo. Sabrina era molto amata dai bambini di Gaza, ma un giorno, nel 2005, sparì dalla sua gabbia. Passarono due anni e il destino di Sabrina rimaneva un mistero. Fu un commando di Hamas a ritrovarla viva, per caso, durante l’arresto di una banda di narcotrafficanti nel 2007.

Gabbie di piombo fuso

Il vero inferno, tuttavia, arrivò due anni dopo, quando Israele dette l’avvio all’operazione “Piombo fuso” del 2009. Il 3 gennaio di quell’anno, le truppe di Israele entrarono nella Striscia, dopo massicci bombardamenti nei giorni precedenti. 1300 palestinesi (civili e militari, tra cui centinaia di bambini) e 13 israeliani persero la vita durante l’operazione militare, che terminò il 18 dello stesso mese. Gaza ne uscì devastata, e così anche il suo zoo. Finite le operazioni militari, ritornata apparentemente la calma, chi per primo ebbe accesso al parco trovò una fotografia fedele di quello che era successo nei giorni precedenti. Emad Qassim, il gestore dello zoo, non era riuscito ad entrarvi per ben 2 settimane a causa del conflitto: “dei circa 400 animali che avevamo, ne sono rimasti 10”, furono le sue prime dichiarazioni. Sabrina e il suo compagno, insieme a un bufalo che girovagava libero nel parco, erano tra i pochi fortunati. Il resto testimoniava gravi atrocità: il cammello era stato raggiunto e squartato da un missile, le scimmie bruciate probabilmente vive. Alcuni animali, addirittura, avevano un foro di proiettile nella nuca, in una sorta di sadica esecuzione a morte. La maggior parte era morta per fame.

(il video contiene immagini non adatte ad un pubblico sensibile)

 

Le zebre sono tornate, quasi

Molti bambini di Gaza non avevano avuto precedenti esperienze di una invasione militare, quindi per loro lo shock fu davvero enorme. Rivedere lo zoo aperto poteva aiutarli nel difficile cammino verso la strana “normalità” di Gaza. Lo zoo, tuttavia, era vuoto e devastato. Qassim, come il collega Khader nella West Bank, non si dette per vinto e cercò di riaprire lo zoo prima possibile. Gaza era blindata, i tunnel con l’Egitto erano fuori uso e non c’era un soldo (nè grandi spazi) per ospitare altri animali. Inoltre lo stress per gli animali superstiti era stato enorme: alcuni si lasciarono morire anche dopo il cessate-il-fuoco. Una semplice zebra costava 50.000 dollari, una fortuna inarrivabile per il piccolo zoo, ma Qassim non voleva rinunciarci. Che zoo mai poteva essere senza nemmeno una zebra? Armato d’ingegno e di un po’ di vernice nera, disegnò delle striscie sul dorso di alcuni asinelli: Gaza aveva di nuovo delle “zebre”.

 

Ha senso tutto questo?

Molte critiche, in larga parte condivisibili, sono state portate avanti riguardo al mantenimento di uno zoo a Gaza, specialmente dopo i fatti del 2009. Sicuramente sono critiche più che legittime, la vita degli animali in questo zoo è di gran lunga peggiore che in uno zoo moderno (e anche sul livello di vita in uno zoo “moderno” si potrebbe discutere). D’altro canto, forse, Sabrina riesce anche solo per qualche ora a distrarre i bambini di Gaza dai loro demoni quotidiani. Chissà se almeno stavolta gli animali dello zoo sono riusciti a sopravvivere alle violenze che in questi giorni si stanno consumando a Gaza, se la loro vita di sofferenza potrà di nuovo far sorridere chi ha perso tutto. Chissà, anche, se davvero Sabrina deve pagare per colpe che sicuramente non ha.

@gia_destro

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Alessandro M., Flickr

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