Primo farmaco basato sulla terapia genica
In commercio il primo farmaco basato sulla terapia genica. Curerà una malattia rara, il deficit di lipoproteina lipasi
SALUTE – La terapia genica è diventata un farmaco, e a commercializzarla per la prima volta in Europa sarà un’azienda italiana, la Chiesi Farmaceutici S.p.A. La patologia in questione è una malattia rara, che colpisce meno di un centinaio di persone in Italia, ma per la quale non esiste una cura: il deficit di lipoproteina lipasi (Lpld), cioè la mancata produzione di un enzima che metabolizza i trigliceridi. In poche parole chi soffre di questa malattia si trova ad avere livelli di trigliceridi nel sangue altissimi, che provocano nella maggioranza dei casi pericolose e dolorose pancreatiti. Fino ad oggi l’unico intervento che veniva fatto era curare la pancreatite, cioè l’esito finale, nel momento in cui si presentava, ma non esisteva alcun modo di agire a livello ematico. Ora invece questo farmaco, chiamato Alipogene tiparvovec e basato sulla terapia genica, che è già disponibile in Germania mentre in Italia siamo alla fase di contrattazione, è in grado di ridurre di oltre la metà il sopraggiungere di pancreatiti.
Ne abbiamo parlato con Alberto Auricchio, Direttore del Programma di Ricerca in Terapia Molecolare presso il Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM) di Napoli.
Che cosa significa terapia genica in questo caso?
Ci sono diverse tecniche di terapia genica a seconda della malattia da trattare. In questo caso si tratta di iniettare nel muscolo del paziente la copia corretta del gene che manca per la produzione dell’enzima, attraverso un vettore virale. Il gene corretto viene inserito nel vettore virale, che poi viene iniettato nel muscolo, che produce l’enzima mancante e lo mette in circolo. In questo modo il gene modificato fa la funzione che dovrebbe svolgere il gene non funzionante della persona. Non si sostituisce, semplicemente si aggiunge al gene inattivo. Per altre patologie, aggiungere una copia sana del gene non sarebbe sufficiente, bisognerebbe infatti sostituire quello non funzionante.
Ma perché è stata scelta una malattia così rara per la messa in commercio del primo farmaco basato sulla terapia genica?
La ragione è che questa malattia e’ un ottimo target, nel senso che è molto semplice misurare l’effetto della terapia genica. È sufficiente infatti rilevare il valore dei trigliceridi per stabilire l’efficacia della terapia e questo sicuramente si è rivelato un grande vantaggio per la messa a punto di un farmaco di questo tipo. Inoltre c’è un altro aspetto non meno importante e cioè il contributo industriale, dato che per giungere alla realizzazione e alla messa in commercio di un farmaco sono necessari molti fondi e altrettanta organizzazione. L’azienda che ha studiato e prodotto il farmaco, l’olandese Uniqure, ha creduto fin dall’inizio nella terapia genica per questa specifica malattia, portandola avanti per oltre un decennio, ed è semplicemente arrivata ora alla fase finale.
Qual è il ruolo dell’italiana Chiesi Farmaceutici quindi?
Come dicevo la ricerca e la realizzazione industriale del farmaco sono state fatte dalla Uniqure, mentre Chiesi è l’azienda che venderà il vettore in Europa. Inoltre, Chiesi sta collaborando con UniQure per la messa a punto di una terapia simile per un’altra malattia, l’emofilia B.
Ad oggi la Lpld è l’unica patologia per cui è in commercio un farmaco basato su terapia genica. Quali le prossime malattie che beneficeranno di tale tecnologia?
Sicuramente il gruppo delle immunodeficienze combinate gravi. Tra queste il deficit di adenosina deaminasi, per cui l’Istituto Telethon di Terapia Genica di Milano ha sviluppato una terapia avanzata basata sula correzione genetica delle cellule del midollo osseo del paziente ex vivo. Le cellule corrette vengono poi ritrapiantate nel paziente. Ma ci sono anche progetti di terapia genica in vivo, in cui cioè la copia corretta del gene viene introdotta direttamente nel corpo del malato, che sono in fase avanzata. Uno al quale abbiamo dato un importante contributo dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Napoli riguarda per esempio le malattie ereditarie della retina che portano alla cecità; un’altra è l’emofilia B, cioè un deficit della coagulazione del sangue, la cui terapia genica consiste nel immettere in circolo un vettore modificato che ripristina la capacità coagulativa del sangue.
Quale invece la frontiera oggi della terapia genica, la grande sfida?
Sicuramente quello che viene chiamato editing del genoma, cioè la possibilità di correggere le mutazioni del DNA con vettori che rimuovono la mutazione sostituendola con la sequenza corretta, come in un’operazione di “taglia e incolla”. Se in casi come la Lpld basta aggiungere una copia corretta del gene senza rimuovere quella mutata, in altre patologie l’aggiunta non basta, solo correggere può portare ad un beneficio. Il genoma editing e’ più complesso e meno efficiente dell’aggiunta di geni ma alla fine rappresenta il livello più elevato di terapia genica.
La terapia genica sta diventando prassi dunque, e in molti casi parla italiano.
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Crediti immagine: Nicola Sapiens De Mitri, Flickr