Antiossidanti e Alzheimer, procede la ricerca italiana
Presto in commercio il primo nutraceutico basato su un derivato biodisponibile del glutatione. E intanto tra Firenze e Pisa due nuove ricerche e un test diagnostico per la capacità antiossidante.
RICERCA – È opinione ormai consolidata che lo stress ossidativo sia associato a numerose patologie più o meno gravi, fra cui il morbo di Alzheimer, il parkinsonismo, le malattie cardiovascolari, il diabete mellito di tipo 2. Come già avevamo raccontato qualche mese fa, un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze ha messo a punto un nuovo antiossidante, che potrebbe giocare un ruolo importante nelle dinamiche implicate dalla malattia di Alzheimer. Abbiamo chiesto qualche aggiornamento sullo stato dell’arte a Gianfranco Liguri, che ha coordinato lo studio in questione, in particolare sul nuovo nutraceutico, cioè un integratore nutrizionale, che potrebbe essere in commercio già nel 2015, basato proprio sui risultati di studi pubblicati su Free Radical Biology & Medicine e altre riviste scientifiche internazionali.
“Il nostro lavoro è frutto di oltre dodici anni di ricerche – spiega Liguri – per mettere a punto una tecnologia derivata dal glutatione, il nostro più potente antiossidante fisiologico. Questo nuovo nutraceutico è in grado di risolvere i problemi della somministrazione del glutatione come tale, che sono sostanzialmente la digestione cui va incontro questa molecola nel canale alimentare, e il fatto che essa non riesce ad attraversare la membrana cellulare, rimanendo al di fuori della cellula. Quello che abbiamo fatto è stato associare al glutatione un acido grasso poliinsaturo che fungesse da cavallo di troia per far entrare l’antiossidante all’interno della cellula.” Questa tecnologia è stata da poco brevettata e potrebbe essere in commercio già fra qualche mese, una volta ottenuto il placet del Ministero della Salute.
“Il nostro non è un farmaco, semplicemente un integratore alimentare, una capsula – precisa Liguri – che svolge la funzione del glutatione non presentando le stesse criticità. Si tratta, in effetti, di una combinazione di due antiossidanti, che proteggono proteine, DNA e lipidi cellulari, con attività antinfiammatoria, entrambi di origine naturale. Non essendo un farmaco, il suo percorso verso la commercializzazione è più semplice e diretto rispetto a quello richiesto per i farmaci.”
Questo primo risultato pratico non significa certo che la ricerca sul tema antiossidanti-Alzheimer sia finita. Sempre in Toscana sono in fase di avvio, al momento, altre linee di ricerca. La prima, in collaborazione con il CNR di Pisa, ha come obiettivo la validazione di questo nuovo prodotto in pazienti con sindrome metabolica. Il secondo studio clinico coinvolge, in collaborazione con il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Firenze, pazienti malati di Alzheimer nella fase iniziale della malattia – spiega Liguri – che verranno divisi in due gruppi, uno che verrà trattato con il nuovo nutraceutico, l’altro con placebo, in modo da precisarne meglio l’efficacia. Il risultato atteso da entrambi gli studi è un rallentamento significativo, o un arresto, della progressione delle patologie nei gruppi trattati rispetto a quelli di controllo.
Un aspetto interessante di questa nuova tecnologia è che essa è frutto di una ricerca totalmente e unicamente italiana. “Una molecola questa – precisa Liguri – mai prodotta altrove”. Così come toscano è il primo test diagnostico su sangue intero per misurare la capacità antiossidante di un individuo, messo a punto in collaborazione con il chimico Riccardo Ciuti, brevettato un anno fa e già utilizzato nel settore sportivo. Il test utilizza una piccolissima goccia di sangue ottenuta dal dito e permette, in un minuto, di individuare I soggetti i cui tessuti possiedono una bassa capacità antiossidante e che, perciò, possono beneficiare della integrazione nutrizionale con antiossidanti.
“Non esiste al momento una cura per l’Alzheimer e le altre patologie degenerative come le malattie cardiovascolari” continua Liguri. “Quello che possiamo fare oggi è lavorare in senso preventivo, da un lato nella direzione di una diagnosi precoce della malattia, dall’altro sullo stile di vita delle persone per ridurre al minimo i fattori di rischio come fumo, obesità, cattiva alimentazione, sedentarietà. Certamente è utile favorire l’assunzione, da parte dei soggetti a rischio, di antiossidanti attraverso l’alimentazione, e qualora questo non fosse sufficiente, tramite integratori alimentari”.
“Non c’è una cura per l’Alzheimer certo, ma qualcosa possiamo fare – conclude Liguri – e la biotecnologia basata sul glutatione è oggi a mio avviso la nostra arma più efficace.”
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Crediti immagine: Allan Ajifo, Flickr